Ring californiano

Il ciclo wagneriano a San Francisco, diretto da Donald Runnicles

Recensione
classica
Volare in California per vedere un "Ring des Nibelungen" potrebbe sembrare poco meno strano che andare a Bayreuth per pranzare da McDonald's. In realtà negli ultimi dodici mesi due notevoli produzioni della Tetralogia wagneriana sono andate in scena proprio nel Golden State: nel giugno 2010 a Los Angeles, con la regia del tedesco Achim Freyer e James Conlon sul podio, e nel giugno 2011 a San Francisco, con la regia dell'americana Francesca Zambello e la direzione Donald Runnicles. L'accoglienza riservata dal pubblico della West Coast a un'opera che rappresenta il cuore - forse anche oscuro - della cultura europea, è l'aspetto più interessante da osservare. L'apparente distanza di uno stato che si affaccia sul Pacifico e sembrerebbe rivolto piuttosto al Giappone o alla Corea che all'Europa, si trasforma di fatto in un entusiasmo e in una partecipazione che hanno davvero del sorprendente.
A San Francisco il primo dei tre cicli previsti, in programma dal 14 al 19 giugno, è stato preso d'assalto dal pubblico più variegato, e la quantità di elmi da Nibelungo presenti in sala o le Red Bull vendute nel bar del teatro sono modi come altri per attrezzarsi e aderire alla full immersion wagneriana. Se per Los Angeles quello dello scorso anno era il primo "Ring" in assoluto, San Francisco non è certo nuova alla "Tetralogia", che dal 1935 a oggi ha messo in scena 6 volte, senza contare le singole rappresentazioni delle varie opere, che nel caso di Walküre ad esempio sono state ben 13. Quest'ultima produzione si distingue per la presenza di Nina Stemme, certamente la più straordinaria Brunhilde oggi disponibile, al suo debutto nel ciclo completo. Runnicles, già Direttore musicale dell'Opera di San Francisco, attualmente guidata dall'italiano Nicola Luisotti, è letteralmente adorato da quelle parti, anche al di sopra della razionale comprensione. La sua direzione decolla dal "Siegfried" in poi, e si fa decisa e muscolare, anche se l'orchestra mostra qualche limite alle prese con questo repertorio.
La scelta della Zambello, in apparenza piuttosto prudente, porta alcuni risultati interessanti: le idee sono molte (forse troppe), alcune anche molto efficaci, come il secondo atto di Walküre ambientato nell'ultimo piano di un grattacielo, simbolo del potere capitalistico, o l'inizio di Siegfried in una discarica con tanto di roulotte dove l'eroe vive con Mime. Piuttosto approfonditi i rapporti tra i personaggi, come nel caso di Hundìng e Sieglinde, che hanno una consuetudine di coppia tale per cui lei riesce a placare la sua ira con gesti ai quali sono evidentemente entrambi abituati. Quello che manca è un saldo pensiero complessivo: certi effetti risultano un po' immotivati. Nel finale ad esempio Brunhilde è inspiegabilmente accompagnata nel suo olocausto da Gutrune, dalle Figlie del Reno (che uccidono Hagen soffocandolo con un sacchetto già usato per raccogliere l'immondizia galleggiante sul fiume), e da altre comparse femminili che rendono tutto un po' confuso, sminuendo il climax musicale. Troppa retorica poi nella bambina che pianta un alberello, simbolo piuttosto ovvio di rinascita.
Ma l'entusiasmo generale è comunque alle stelle (solo qualche lieve contestazione per la Zambello). Il pubblico partecipa, ride come mai si è sentito in Wagner, applaude a scena aperta all'arrivo delle Walkirie aviatrici che calano dall'alto in paracadute, con una disponibilità e una genuinità che forse in Europa si è un po' persa, e che non farebbe male recuperare, perché andare a teatro è comunque prima di tutto una festa.

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