Rigoletto, tragica festa mantovana

Un baritono verdiano, finalmente: la straordinaria prova di Carlos Alvarez, il suo grandioso, tormentato, mostruoso Rigoletto rimette il canto e la vocalità verdiana autentica al centro della scena, con lui, sicuri e seducenti, Ramon Vargas e Svetla Vassileva. Graham Vick firma una messinscena di segno deciso e conturbante ma con qualche sottolineatura di troppo. Bene sul podio Fabio Luisi.

Recensione
classica
Teatro del Maggio Musicale Fiorentino Firenze
Giuseppe Verdi
18 Novembre 2003
Lo scandalo temuto non c'è stato; alla fine pochi fischi isolati alla regia di Graham Vick sono stati zittiti dagli applausi, più numerosi. Nel "Rigoletto" al Comunale di Firenze, la scena (Paul Brown) è definita arditamente e bene da due grandi muri circolari rotanti, interni ed esterni che si sovrappongono: la dimora del buffone, il tugurio di Sparafucile, la corte del Duca di Mantova, i cui cortigiani che sono piuttosto rudi buttafuori da discoteca e le cui feste condite di cocaina e di voyerismo ricordano la tetraggine di un'orgia alla Kubrick. Alcuni momenti e immagini sono magnifici: le donne, le vittime del Duca, sospese al muro della corte come farfalle trafitte a morte, il contorcersi ferino del buffone fra gli scherni dei cortigiani "Vil Razza Dannata", Gilda violata che affronta la verità, anche quella che suo padre è parte di quel mondo. È, sì, un "Rigoletto" violento, pessimista, esplicito, questo di Vick; meglio ancora sarebbe se non ne affaticassero il percorso digressioni, sottolineature, simboli e concetti di cui Vick purtroppo non riesce a fare a meno. Ma il fatto importante ci sembra un altro: un cast verdiano, quello della prima, finalmente all'altezza, almeno nei personaggi principali. Sentire Carlos Alvarez in "Pari siamo" significa riascoltare un baritono verdiano 'vero' per peso, presenza, per la grandiosa, tormentata asprezza del suo Rigoletto. Svetla Vassileva, anche se alcune colorature non le sono uscite luminose, è una Gilda di voce nitida, bella, di misteriosa ma fascinosa comunicativa; Ramon Vargas non ignora l'arte elegante della smorzatura e dell'alleggerimento che rendono al Duca la sua frivola natura; Mario Luperi sembra nato per impersonare Sparafucile. La non elettrica ma elegante e sicura direzione di Fabio Luisi faceva il suo dovere bene, magari in contrasto con la ruvidezza dello spettacolo che restava sostanzialmente estranea alle sue corde, ma sempre ben accompagnando e toccando comunque momenti di convinta eloquenza, o di accurata calibratura, non ultimo il famoso quartetto "Bella figlia dell'amore".

Interpreti: Il Duca di Mantova, Ramon Vargas/Tito Beltran; Rigoletto, Carlos Alvarez /Alberto Gazale; Gilda, Svetla Vassileva/ Patrizia Ciofi; Sparafucile, Mario Luperi/Hao Jiang Tian; Maddalena, Natela Nicoli/Laura Brioli; Giovanna, Maria Luce Menichetti; Monterone, Peter Sidhom; Marullo, Franco Boscolo; Matteo Borsa, Enrico Cossutta; Il Conte di Ceprano, Alessandro Calamai; La Contessa di Ceprano, Antonella Trevisan

Regia: Graham Vick

Scene: Paul Brown

Costumi: Paul Brown

Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Direttore: Fabio Luisi

Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro Coro: Josè Luis Basso

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