Rigoletto salvato dalle voci

La direzione non è perfettamente a punto, la regia è sballata, ma i tre protagonisti salvano il Rigoletto dell'inaugurazione della stagione dello Sferisterio

Recensione
classica
MacerataOpera2002 Macerata
Giuseppe Verdi
20 Luglio 2002
Il maltempo dell'ultima settimana, falcidiando le prove e mettendo ko il protagonista, ha senza dubbio avuto riflessi negativi sulla direzione di Daniele Callegari, perché non mancavano gli scompensi tra i vari gruppi strumentali, le zone opache in cui l'incisività dell'orchestrazione verdiana non veniva fuori, gli scollamenti tra buca e palcoscenico, mentre viceversa c'era una sollecitudine fin troppo servizievole nell'assecondare i solisti nelle loro arie. Evidentemente era necessaria un'ultima messa a punto, ma le coordinate fondamentali della direzione erano giuste. Altrettanto non si può dire dello spettacolo di Giovanni Agostinucci, piuttosto sballato fin dall'impostazione. La scena unica (nient'altro che una lunga scalinata sormontata da un grande portale rinascimentale) era elegante ma molto difficile da gestire e infatti la regia non ha saputo far altro che riempirla di controscene e figuranti superflui quando non irritanti (spadaccini, saltimbanchi, nani; si raggiunge il colmo quando il Duca trova la taverna di Sparafucile già occupata da altri avventori e li scaccia con la spada in pugno, senza accorgersi però che in cima alla scala venti o trenta cortigiani guardoni restano ad osservare le sue imprese amatorie). Dunque una serata da dimenticare? Ma niente affatto, perché un tris di protagonisti così non lo si ascoltava da molto tempo. Stefano Antonucci, che ha sostituito l'indisposto Lucio Gallo, è un Rigoletto ideale per la correttezza della vocalità (la voce è ben timbrata, morbida e perfettamente controllata in tutta la gamma) e per il rigore dell'interpretazione (dizione incisiva, rispetto del testo musicale, rifiuto di gigionerie e effettacci a favore di un'interpretazione attentamente misurata e approfondita). La voce, bella, naturale e facile fino all'arroganza, di Marcelo Alvarez ha la sfrontatezza e il fascino un po' volgari e irritanti di questo duca seduttore di fanciulle inesperte e anche puttaniere: ascoltarlo in "Ella mi fu rapita" e in "La donna è mobile" è un piacere sensuale, quasi fisico, ma non si può non registrare che nel primo atto "Questa o quella" e il duetto con Gilda hanno messo in difficoltà il suo registro acuto, che solo alcuni mesi fa era molto più luminoso e sicuro. Gilda è una delle prestazioni più perfette di una cantante che ci ha abituati alla perfezione: il canto purissimo e la riservatezza espressiva di Mariella Devia danno a Gilda un tono trasognato che conviene perfettamente alla sua timidezza e al suo timore di fronte al mondo esterno nel primo atto e poi al suo smarrimento e alla sua incomprensione di fronte al male. Chiara Chialli è la solita Maddalena un po' troppo zingaresca nel canto e nella recitazione e Andrea Silvestrelli con la sua voce sempre più cavernosa sfiora la caricatura nel ruolo di Sparafucile.

Note: nuovo all.

Interpreti: Devia/ Dell'Oste, Chialli, Alvarez/ Casciarri, Gallo, Silvestrelli

Regia: Giovanni Agostinucci

Scene: Giovanni Agostinucci

Costumi: Giovanni Agostinucci

Orchestra: Orchestra Filarmonica Marchigiana

Direttore: Daniele Callegari

Coro: Coro Lirico "V. Bellini"

Maestro Coro: Carlo Morganti

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