Racconti troppo umani

inserite qui il testo in breve

Recensione
classica
Settembre Musica Torino
Steve Reich (immagini video di Beryl Korot)
13 Settembre 2002
"Three Tales", con la musica di Steve Reich e i video di Beryl Korot, è sicuramente un dopo-"The cave": là, nel 1993, i due colti artisti ebrei newyorchesi, compagni d'arte e di vita, avevano creato una nuova esperienza di visualità musicale, costruendo una partitura fatta di voci registrate, stoppate, tagliate, mixate, doppiate intorno alle radici delle religioni monoteistiche e alla simbolica grotta di Abramo, nel tempo fraterno che precedeva la divisione e la guerra tra le ebraismo, cristianesimo, islamismo. Era un lavoro tecnicamente imponente, dove il virtuosismo tecnologico non lasciava spazio alle emozioni, ma soltanto all'ammirazione per la performance. Stavolta "Three Tales", certamente perché prodotto da una decina di festival mondiali, tra cui l'italiano Settembre Musica, che lo propone in due serate al Teatro Regio di Torino, è invece asciutto ed essenziale, nel formato: un solo schermo, parti dell'Ensemble Modern e i Synergy Vocals diretti da Bradley Lubman sotto, tutti in nero fighetto newyorchese (più Armani che lutto nineleven), mimetizzato nella penombra del palcoscenico. "Tre racconti", sì, ma in unità aristotelica, quasi: la tecnologia dal Novecento ha preso tra le sue mani il destino dell'uomo; l'uomo esperimenta, rischia, distrugge, muore e progetta macchine più intelligenti della sua macchina cerebrale, e soccomberà forse, violando per la seconda volta il monito di Dio, che ci aveva detto: non assaggiare il frutto del discernimento tra bene e male; così, ecco la catastrofe del dirigibile tedesco Hindenburg nel 1937; l'esperimento americano di una bomba atomica più potente di quelle di Hiroshima e Nagasaki nell'incontaminato atollo di Bikini, 1946; la clonazione della pecora Dolly, nel '97. Ciò che il minimalismo audiovisivo di Reich e Korot ha appreso è il senso della drammaticità teatrale: il lento, inesorabile, estenuante crescendo dell'episodio centrale di Bikini, il gonfiarsi delirante del countdown, il suo snervante minimalista ripartire ripartire ripartire germina tensione, spasimo, stress, isteria, doglia di parto atomico, pathos di caprette trascinate e incatenate nelle gabbie della corazzata bagnarola da distruggere nell'esperimento, struggimento animalista per i maialini trascinati per una gamba verso il loro macello nell'atollo immolato alla spaventosa violenza di uomini tecnologici questo è il primo passo di Steve Reich nel teatro musicale. Certo, non è "opera lirica", ma un modo formidabile di fare storia, di ragionare sulla nostra sorte di umani religiosi e colti pronti a testimoniare umanità a difesa del nostro destino sulla Terra.

Orchestra: Ensemble Modern

Direttore: Bradley Lubman

Coro: Synergy Vocals

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