Questo è il Macbeth di Moschopoulos

Un giovane regista genialoide e un direttore di talento propongono il loro Macbeth

Recensione
classica
Festival dei due Mondi Spoleto
Giuseppe Verdi
29 Giugno 2002
Preludio: Macbeth in armatura nera davanti a un sipario metallico, dapprima impenetrabile allo sguardo ma poi progressivamente trasparente, dietro il quale s'intravede un mondo misterioso e profondo, con una figura nera incappucciata -una strega- e un secondo Macbeth, riflesso del primo. Le streghe sono vecchine gobbe interamente vestite di nero, che nel primo atto lavorano all'uncinetto lunghi nastri rossi come il sangue, muovendo mani e teste al ritmo ballabile che Verdi gli assegna, e nel terzo atto ramazzano la sala reale dopo il banchetto. Il luogo in cui Macbeth e la Lady s'incontrano dopo il delitto è un obitorio coi cadaveri stesi sui tavoli. Il coro dei sicari è un balletto di torce elettriche nel nero totale. La battaglia finale è in ralenti, tra le nebbie, astratta come la fuga che la realizza in orchestra. E' solo una piccola antologia dei quadri ideati per il "Macbeth" verdiano da Thomas Moschopoulos, un giovane regista in ascesa, che di idee ne ha moltissime -alcune proprie, altre prese in prestito dal molto teatro e dal molto cinema che deve aver visto- e che è voglioso di realizzarle tutte. A cercare di tradurle in parole queste immagini avvizziscono, proprio perché sono teatralissime, ma a vederle offrono suggestioni potenti, misteriose, inquietanti, sfruttando di volta in volta ai linguaggi visivi più diversi pur di cogliere ed esaltare ogni singolo momento di questa straordinaria collaborazione a distanza tra Shakespeare e il giovane Verdi (la versione eseguita è quella della prima fiorentina del 1847). La direzione di Riccardo Frizza ha ovviamente minori margini di libertà ma sembra andare nella stessa direzione, sottolineando la potente originalità dei singoli momenti più che una generica tinta verdiana di fondo: ma intendiamoci- conosce a fondo anche lo stile tipicamente verdiano Verdi e sa renderne i tempi incisivi, i fraseggi vigorosi, le grandi arcate melodiche. A disposizione di questi due trentenni di talento sta un cast altrettanto giovane e soprattutto molto più adeguato di quanto capitava negli scorsi anni a Spoleto. Dorina Dimitriu dapprima esibisce il suo certificato di sana e robusta costituzione vocale e solo dal secondo atto comincia a proccuparsi di chi è Lady Macbeth, rivelandoci che non sempre il male ha voce aspra e aggressiva ma può presentarsi in modo accattivante, persuasivo, quasi dolce. Robert Hyman è un ottimo Macbeth con la sua voce dal bel colore verdiano e anche col suo volto affilato e tormentato, che contrasta col corpo atletico e robusto da valoroso soldato. Metodje Bujor (Banquo) ha un bel timbro e una buona impostazione ma è molto giovane e la voce di basso si sa- richiede tempo per giungere a piena maturazione. Il tenore Silvano Malandra (Macduff) è ancora all'abc della tecnica ma lascia intravedere discrete possibilità. Mai viste tante poltrone vuote a una prima spoletina, ma il successo è stato grande e meritatissimo.

Interpreti: Dimitriu, Hyman, Bujor, Malandra, Meli, Valeri, Esquivel, Rodriguez, Cappitta

Regia: Thomas Moschopoulos

Scene: Dionisi Fotopoulos

Costumi: Dionisi Fotopoulos

Orchestra: Orchestra Sinfonica "Giuseppe Verdi" di Milano

Direttore: Riccardo Frizza

Coro: Coro "Giuseppe Verdi" di Milano

Maestro Coro: Romano Gandolfi

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione