Primavera a Montecarlo

Ascoltando l'organo della Cattedrale

Recensione
classica
Negli stessi giorni in cui si aprono i giochi del torneo di tennis “Rolex Masters” e si iniziano a montare le transenne per il prossimo Gran Premio di F1, a Montecarlo si chiude l'edizione 2015 di un “Printemps des arts” che anche quest'anno non delude per le scelte e una conduzione all'insegna di un deciso impegno culturale, con una linea che il direttore artistico Marc Monnet ha voluto imprimere secondo una sua particolare prospettiva estetica ed epistemologica. Possiamo dire senza nessuna concessione al glamour, mettendo insieme Bach, Sibelius e Donatoni, accomunati dal fatto di essere inattuali, “fuori tempo”, con una presentazione dello stesso Monnet che campeggia in ogni programma di sala dal titolo: “La stranezza dell'arte o accettare l'inaccettabile”.

Siamo all'ultimo dei quattro fine settimana della rassegna con una cospicua presenza di musica per organo, con l'imponente strumento della cattedrale neoromanica del principato e l'ampia balconata a sostenere le sue 7000 canne, con le sue 4 tastiere e i suoi 79 registri: Bernard Foccroulle ci propone una lettura del Clavierübung III di Bach particolarmente rigorosa e nello stesso tempo densa di colori. Sfrutta a piene mani la ricchezza dei registri dello strumento, dalla forza dell'organo pieno alla delicatezza delle ance, con un particolare nitore nel delineare il disegno delle complesse trame contrappuntistiche. Programma impegnativo, interpretazione che ha saputo tener desta l'attenzione dell'auditorio; di grande aiuto per 'avvicinare' al pubblico l'interprete, isolato nel suo balcone, un grande schermo a inquadrare varie prospettive di mani e piedi su tastiere e pedaliere, preziosi inoltre i giochi di luci e colori, di sinestesica ispirazione, all'interno della cattedrale durante l'esecuzione.

Il violoncello solo del giorno successivo di Camille Thomas, ci presenta un'ampia carrellata di possibilità interpretative ed espressive dello strumento: dal lirismo sognante del Cant dels ocells di Casals alle corrosive pulsioni di Lame di Donatoni, dal clima meditativo intriso di tensioni romantiche della Sonata in do minore di Ysaÿe al virtuosismo ed alle ispaniche esplosioni folkloriche della Suite di Cassadó; ci rivelano inoltre le qualità di questa giovane interprete: gusto sonoro, arco dotato di sonorità piene e delicatezza estrema. E la maratona musical-culturale continua, dopo un necessario aperitivo a base di champagne, con una dotta dissertazione musicologica di Corinne Schneider sulla musica di Bach vista come una “ricerca corporea ed incorporea” e quindi di nuovo nella Cattedrale, con il Bach dell'Offerta musicale, dell'organista italiano Francesco Filidei. Ottimo interprete, vigoroso e raffinato, sa ben delineare i percorsi imitativi del 'quasi ossessivo' tema bachiano e, nella seconda parte, sa far emergere quel misto di rigore e di lucida follia - pura espressione tellurica - quando si tuffa, braccia e piedi, negli esplosivi cluster di Gmeeoorh di Xenakis. A chiudere “Le Banquet Céleste”, un organico strumentale barocco, tutto filologico, dai bellissimi colori strumentali ben condotti dal direttore/controtenore Damien Guillon. Ci propongono due cantate bachiane, quasi da camera, senza coro e con la sola voce di contralto solista (BWV 35 – BWV 170). E' un Bach dai colori vivaldiani, nella Sinfonia con l'organo solista quello della prima cantata, più meditativo e dai complessi concertati quello della seconda. Guillon ha notevoli doti di concertatore e la capacità di far scaturire un colore vocale estremamente espressivo, pur nel rigore e nell'apparente freddezza del suo gesto. Ci assale di quando in quando quella sorta di 'stanchezza da capolavori', come quando visitiamo i grandi musei sovrabbondanti di opere d'arte; ci rianimiamo quando come bis viene riproposta la delicata aria con l'oboe concertante, Vergnügte Ruh, beliebte Seelenlust, che risuona piacevolmente in testa quando ci congediamo e ci addentriamo in una tranquilla, un po' irreale e ovattata notte monegasca.

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