Pogorelich il fuoriclasse

Dominio assoluto della tastiera, calibratura del suono e un pensiero musicale del tutto inusuale. Un po' virtuoso, un po' asceta, Pogorelich fa discutere.

Recensione
classica
Accademia Nazionale di Santa Cecilia Roma
30 Maggio 2003
E' toccato a Pogorelich di suonare in sostituzione di un pianista amato dal pubblico romano come Radu Lupu e, circostanza più dolorosa, di tenere il concerto lo stesso giorno in cui si era celebrato il funerale di Luciano Berio. Pogorelich ha fatto in modo che un portavoce si facesse interprete di alcune sue considerazioni all'inizio del concerto: ricordando il venticinquesimo anniversario dalla sua affermazione al concorso Casagrande di Terni, da cui ebbe inizio la sua carriera, esprimendo il suo entusiasmo per la nuova sala Santa Cecilia e dedicando infine al Presidente che ebbe tanta parte in questa inaugurazione la Marcia Funebre dalla Sonata op.35 di Chopin. Poi la musica. Distillata con estrema cura, portata al limite dell'udibilità del suono, articolata con assoluta imprevedibilità. Quasi irriconoscibile il Beethoven della Sonata op.78, che se già di suo si allontana da alcuni sommari stereotipi (quelli del Beethoven eroico, per intenderci) nell'interpretazione di Pogorelich varcava confini del tutto nuovi, sfuggendo a qualsiasi senso di divenire temporale. Qualcosa di simile alle 'divine lunghezze' schubertiane, evidenziando aspetti di sorprendente modernità ed interesse. Non è difficile immaginare come la Sonata op.111 possa prestarsi a una lettura in linea con la precedente. Stemperati i contrasti del primo tempo, dilatati i tempi dell'Arietta, scarnificate le variazioni con funambolici passaggi in pianissimo senza pedale, per chiudere con accordi in pianissimo progressivo di impressionante calibratura. Nell'intervallo c'era chi nel pubblico si scandalizzava del 'tradimento storico'. A noi è parso qualcosa di diverso: uno sguardo creativo in un orizzonte lontano, che non si cura affatto di ricostruire con fedeltà storica (a quello hanno adempiuto egregiamente le note di sala di Arrigo Quattrocchi) ma che piuttosto reinventa anche ciò che comunemente si ritiene acquisito. Era poi con Skrjabin che Pogorelich dava il meglio di sé: nell'eloquio sommesso e inafferrabile del primo tempo della Sonate-fantaisie op.19, in quelle sonorità 'stralunate', in quel tendere e distendere continuamente il senso della frase. Quasi liberatorio il virtuosistico Liszt dei tre Studi Trascendentali, chiudeva appassionatamente. Rifuggendo comunque dall'enfasi, dalla magniloquenza, dalla frase 'gonfiata'. Si apriva così l'altro capitolo, quello del virtuoso che prova gusto a sfidare la tastiera con due bis generosi, in cui la totale adesione fisica sembrava quasi catarticamente sciogliere le enigmatiche tensioni precedenti. A questo pianista strepitoso e contraddittorio, un po' 'star' un po' asceta, a tratti provocatorio ma mai compiaciuto, il pubblico romano - nonostante qualche inesperto e inopportuno applauso - ha tributato il calore e l'entusiasmo che meritava. Era quasi mezzanotte, come nei concerti d'altri tempi.

Interpreti: Ivo Pogorelich, pianoforte

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