Più Scarpia che Tosca

Il musical di Dalla (ma lui preferisce definirlo opera, perché è cantato dall'inzio alla fine) ha debuttato al Gran Teatro di Roma

Recensione
classica
Gran Teatro Tor di Quinto Roma
Lucio Dalla
23 Ottobre 2003
Si entra nell'ampia platea del Granteatro (un enorme tendone in periferia, ma relativamente lussuoso) e la si trova piena di nebbia; poi, prima che si alzi il sipario, un altoparlante annuncia: "Per motivi di sicurezza s'invita tutto il pubblico a non alzarsi per nessun motivo durante i primi quindici minuti del primo atto". Dunque si vuole creare attesa e tensione per qualcosa di straordinario che deve succedere. In effetti, pochi minuti dopo che si è alzato il sipario, succede qualcosa che, se non straordinario, è comunque molto spettacolare: Angelotti, "il console della spenta repubblica romana", evade da Castel Sant'Angelo, non da solo come in Puccini, ma con un gruppo di giovani ribelli, che si calano dall'alto con delle funi, fuggono tra le file delle poltrone, vengono inseguiti dagli sgherri pontifici, lottano corpo a corpo, vengono abbattuti a fucilate, ma Angelotti si salva. È una scena molto spettacolare, ma in seguito l'ispirazione di Lucio Dalla segue percorsi più intimisti del Gobbo di Nôtre Dame di Cocciante (per fare un paragone inevitabile) e non punta esclusivamente sulla carta della spettacolarità funambolica. Insomma, "Tosca: Amore Disperato" di Dalla alterna momenti intimisti a momenti spettacolari come la Tosca di Puccini. I momenti più intimisti sono ovviamente le canzoni e i duetti, in cui si riconosce facilmente la vena di Dalla, sebbene non sempre allo stato più puro: le canzoni d'amore di Tosca e Cavaradossi diventano facilmente un po' dolciastre, mentre sono nettamente più interessanti - sia per il testo che per la musica - quelle del "cattivo" Scarpia, tormentato da un amore viscerale, disperato e in definitiva più vero. I momenti più spettacolari sono gli intermezzi coreografici, che hanno la firma importante di Daniel Ezralow, ma non sono originalissimi, tanto che spesso si pensa ai varietà televisivi del sabato sera. Il balletto più spettacolare è quello che sostituisce il Te Deum pucciniano con un balletto di preti e suore che, per la gioia della sconfitta di Napoleone, si scatenano in una danza sempre più orgiastica, culminante in uno spogliarello generale e in accoppiamenti etero e omo. Con queste puntate anticlericali (ce ne sono altre: per es., Scarpia dichiara d'essere figlio d'un prete e d'una suora) Dalla porta una sana ventata d'anticlericalismo in un periodo di beatificazioni e concistori ad oltranza e oltretutto dimostra d'aver capito Puccini meglio di tanti celebri interpreti che, ignorando quest'aspetto, leggono la Tosca in chiave esclusivamente sentimentale. Ma, intendiamoci, Dalla prende Puccini solo come punto di partenza, poi segue una sua strada e la storia che lui racconta è un'altra, sebbene per chi scrive queste righe - e probabilmente anche per chi le legge - la tentazione d'un continuo raffronto con l'opera è forte. Ma è anche sbagliata. Certamente Dalla soffre questo paragone, ma ha comunque qualcosa da dire, soprattutto a proposito di Scarpia, che diventa il vero protagonista, mentre Tosca diventa quasi una comprimaria: come già accennato il suo amore per Tosca, proprio perché è così poco romantico ma è un desiderio fisico tormentoso e incontrollabile, è molto bello e vero. In fin dei conti l'amore disperato del titolo e proprio il suo, più che quello di Tosca e Cavaradossi. Forse perché il suo personaggio è il più interessante, Vittorio Matteucci (Scarpia) ha avuto modo di farsi particolarmente apprezzare, ma tutto il cast è eccellente: ricordiamo innanzitutto Rosalia Misseri (Tosca) e Graziano Galatone (Cavaradossi), ma anche gli interpreti di personaggi che in Dalla hanno un ruolo più importante che in Puccini, come Lalo Cibelli (Spoletta) e Attilio Fontana (Angelotti), o che in Puccini non esistono affatto, come Iskra Menarini (Sidonia), cui è affidata la canzone del titolo. Eccessiva l'amplificazione della base orchestrale registrata, ma con le repliche ci sarà modo di regolarla meglio. Lorenzo Mariani firma la regia, Italo Grassi le belle scene, Marco Macrini le luci. I protagonisti, nonostante si parli di Napoleone e della Repubblica Romana, vestono abiti moderni di Giorgio Armani: non ci sarebbe nemmeno bisogno di dire che sono molto piaciuti. Alla fine tanti applausi ma anche commenti piuttosto discordanti da parte del pubblico della prima.

Note: Musica e testi di Lucio Dalla. Arrangiamenti di Beppe Donghia. Prima esecuzione assoluta

Interpreti: Rosalia Misseri (Tosca), Graziano Galatone (Cavaradossi), Vittorio Matteucci (Scarpia), Lalo Cibelli (Spoletta), Attilio Fontana (Angelotti), Iskra Menarini (Sidonia)

Regia: Lorenzo Mariani

Scene: Italo Grassi

Costumi: Giorgio Armani

Coreografo: Daniel Ezralow

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