A Perugia la Jupiter e l’Eroica con gli strumenti originali

Herreweghe e l’Orchestre des Champs-Elysées hanno eseguito i due capolavori sinfonici di Mozart e Beethoven

Philippe Herreweghe e l’Orchestre des Champs-Elysées (Foto Eleonora Dottorini)
Philippe Herreweghe e l’Orchestre des Champs-Elysées (Foto Eleonora Dottorini)
Recensione
classica
Teatro Morlacchi, Perugia
Philippe Herreweghe e l’Orchestre des Champs-Elysées
27 Maggio 2023

La Fondazione Perugia Musica Classica è nata nel 2003 per unire in un unico organismo le due principali istituzioni musicali cittadine, la Sagra Musicale Umbra e gli Amici della Musica. Da quest’ultimi ha ereditato una stagione di musica da camera di qualità, che dal 1946 ad oggi ha portato a Perugia i più apprezzati musicisti del panorama musicale internazionale. L’alto livello delle stagioni perugine è stato confermato dal concerto di chiusura della stagione 2022-2023, affidato al belga Philippe Herreweghe e all’Orchestre des Champs-Elysées, che ha base a Parigi ma è una formazione internazionale, perché i suoi musicisti vengono da tutta Europa (oltre la metà dei violinisti sono italiani).

Erano in programma due capolavori del sinfonismo classico, la Sinfonia n. 41 “Jupiter” di Mozart e la terza di Beethoven, “Eroica”. Il principale motivo d’interesse di questo concerto era ascoltare queste musiche notissime da un’orchestra corrispondente a quella per cui sono state scritte, ovvero da una quarantina di musicisti che suonano strumenti “originali”, come si suole definirli: gli archi non sono troppo cambiati da allora ma i fiati e i timpani sono molto diversi.

Differentemente da quanto si potrebbe pensare, queste musiche eseguite da un’orchestra “antica” non sembrano affatto più antiche, al contrario si percepisce meglio la novità che sicuramente rappresentarono per gli ascoltatori dell’epoca, poiché si avverte come le possibilità dell’orchestra dell’epoca siano portate al limite estremo e come di conseguenza il suono sia meno “rotondo” e più aggressivo e rivoluzionario. Perfino la “Jupiter”, sempre considerata olimpica ed equilibratissima, ha un attacco che fa sussultare, per la violenza dei tre grandi unisoni dell’intera orchestra, che – anche perché le due sinfonie sono accostate – richiamano subito alla mente i due bruschi accordi con cui inizia l’ “Eroica”. Invece il terzo tema, che Mozart prese da un’aria buffa, diventa ancora più comico quando è un fagotto dell’epoca a intonarlo. Tanti altri dettagli prendono maggior rilievo. In generale si nota che il rapporto tra gli archi (meno numerosi di come si usa normalmente oggi) e i fiati è più equilibrato, cosicché il fondamentale apporto dei secondi non rischia di essere coperto dai primi.

È soprattutto l’ “Eroica” ad essere diversa da come la si ascolta abitualmente (ma Herreweghe non è certamente il primo ad eseguirla con un’orchestra di questo tipo). Anche qui, come e più che in Mozart, sono diversi i timbri e le dinamiche rispetto alle esecuzioni correnti (per esempio, il divario tra il piano e il forte è più contenuto) e cambiano i rapporti tra le varie sezioni dell’orchestra. In particolare i corni “naturali” recuperano il loro timbro peculiare e giocano un ruolo molto importante nello stabilire la tinta complessiva del grandioso primo movimento. Da qualche leggera difficoltà d’intonazione (gli strumentisti sono ottimi ma i corni naturali sono particolarmente infidi) si capisce quanto Beethoven nel Trio dello Scherzo spinga questi strumenti al limite estremo per l’epoca. Anche i timpani sono molto diversi da quello che siamo abituati a sentire oggi: ogni colpo è netto e secco, come un piccolo scoppio, e non si fonde col suono del resto dell’orchestra.

Come risultato finale delle tante piccole e meno piccole differenze rispetto all’esecuzione di un’orchestra tradizionale, si è avuta l’impressione di ascoltare non l’interpretazione del tale o tal altro grande direttore, bensì Beethoven allo stato puro, il vero Beethoven, senza intermediazioni e sovrapposizioni, anche se è un’illusione, perché nessuno sa e saprà mai esattamente come Beethoven avrebbe voluto che questa sinfonia fosse suonata. Il fatto che il direttore non si erga a protagonista (ricordiamo che allora il direttore d’orchestra come lo intendiamo noi non era nemmeno nato e tanto meno esistevano i divi della bacchetta) non significa affatto che Herreweghe non abbia dovuto fare delle scelte personali (i tempi piuttosto veloci, per esempio) e non abbia dato degli input precisi agli ottimi musicisti dell’Orchestre des Champs-Elysées. Il risultato è che le loro esecuzioni “filologiche” non erano affatto mummificate ma anzi erano emotivamente coinvolgenti, cosicché l’ennesimo ascolto di questi due notissimi capolavori si è trasformato in una scoperta emozionante.

Così la pensava anche il pubblico perugino, che ha riempito il Teatro Morlacchi ed applaudito con entusiasmo il direttore e l’orchestra.

 

 

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