A Parigi tornano i Briganti di Offenbach
Nuova produzione firmata Barrie Kosky
L’ultimo allestimento dell’Opéra de Paris dei Brigands si era avuto nel 1993 a Bastille, dopo trent’anni d’attesa, c’era quindi aspettativa alta per questa nuova produzione dell’opera buffa di Offenbach affidata al regista d’origini australiane Barrie Kosky, ma la sua versione attualizzata non ha convinto del tutto e non sono mancate piccole contestazioni alla fine della première. Se la parte musicale è piaciuta, con il maestro Stefano Montanari che ha diretto l’orchestra con la dovuta precisione e brillantezza, e con un cast di voci all’altezza, l’avere trasformato il capo dei banditi in una drag queen con, di conseguenza, seguaci in costumini nello stile di certi spettacoli disinibiti, entra in collisione con l’ironia raffinata e sempre elegante, anche nei momenti più comici e sferzanti, dei lavori di Offenbach. Gli ultimi due tempi sono comunque nettamente più godibili visivamente, grazie sopratutto all’arrivo degli spagnoli, tutti d’oro vestiti, con processione religiosa al seguito, parodiati con molta più eleganza. Meno divertente la rappresentazione dei personaggi italiani: il duca di Mantova come cavatina canta la romanza di Nemorino “Una furtiva lagrima” di Donizetti e la sua corte non meraviglia come quella spagnola ma è la solita stereotipata Italia degli anni ‘50 con i Carabinieri che sembrano più dei Gendarmi. Altra scelta discutibile, i tantissimi riferimenti all’attualità politica francese che il numeroso pubblico straniero in sala non coglie appieno. Merito della nuova produzione è comunque di far comprendere abbastanza bene la dinamica ingarbugliata del colpo grosso che la banda vuole realizzare impossessandosi dei tre milioni che il Ducato di Mantova deve alla Corte di Granata grazie ad una serie di travestimenti. Oltre agli spagnoli ed italiani, ci sono i cuochi e i camerieri dell’osteria dove avviene il primo furto di abiti. In tutto sono stati realizzati 360 costumi, li ha disegnati la tedesca Victoria Behr, corredati da 150 parrucche. I banditi accumulano su di loro pezzi degli abiti dei diversi personaggi che fingono di essere ed il pasticciato risultato contribuisce alla loro comicità. Con tanta gente e costumi tanto appariscenti, le scene di Rufus Didwiszus sono al contrario semplici, con dei fondali dipinti appesi su dei bastoni a vista per caratterizzare i diversi luoghi. Il capo dei briganti, Falsacappa, è interpretato dal tenore olandese Marcel Beekman che grazie alla sua duttilità vocale e imponenza fisica veste bene i panni della drag queen; sua figlia Fiorella è il giovane soprano Marie Perbost che acquisisce sicurezza vocale e si fa apprezzare sopratutto nella seconda parte dello spettacolo; ottima invece sin dalle prime battute il mezzosoprano Antoinette Dennefeld nel ruolo en travesti di Fragoletto che si innamora di Fiorella e per seguirla diventa bandito, nel libretto di Meilhac e Halévy è un contadino, ma qui diventa un banchiere, e la messa in scena di Kosky porta ad interrogarsi in modo più esplicito su chi sono i veri ladri, se i banditi oppure i banchieri e i funzionari. Funziona bene l’idea di far interpretare Antonio, il senza scrupoli tesoriere del Duca, invece che a un tenore alla comica Sandrine Sarroche, assai ironica. Nel ruolo del Duca di Mantova, c’è il bravo tenore Mathias Vidal, qui in doppiopetto gessato; tra gli altri numerosissimi artisti, non possiamo non citare il tenore Yann Beuron come Barone de Campotasso e il baritono Laurent Naouri come il capo dei Carabinieri. Si fa notare la Princesse de Grenade, in un magnifico vestito dalla foggia ispirata a un quadro di Velasquez, nella versione originale un soprano ma qui interpretata dal mezzo/contralto Adriana Bignagni Lesca, alla ripresa il ruolo sarà invece del mezzo Eugénie Joneau. Tutti gli artisti, anche il coro diretto da Ching-Lien Wu e ovviamente i ballerini, sono molto impegnati fisicamente e coinvolti nelle coreografie di Otto Pichler. Oltre a qualche altro cambio nel cast, alla ripresa di giugno, la direzione d’orchestra passerà al maestro Michele Spotti.
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