Otello a Strasburgo salvato da Speranza Scappucci
Delude la regia di Ted Huffman, il nuovo direttore del Festival d’Aix-en-Provence
31 ottobre 2025 • 4 minuti di lettura
Opéra national du Rhin, Strasburgo
Otello
29/10/2025 - 18/11/2025Sin dalla prima nota è la direzione di Speranza Scappucci ad attirare tutta l’attenzione. L’attacco è febbrile, elettrico, come se un fulmine della tempesta che sta mettendo in pericolo il ritorno della nave di Otello abbia colpito il maestro e la scarica viene trasmessa a tutta l’orchestra che la rende al pubblico. La furia della natura si sente più che vedersi, in scena suggerita solo da un buon gioco di luci, per il resto c’è solo una confusa massa di artisti, nessun riferimento di contesto. Tutto si svolge, e continuerà a svolgersi in una grande sala con alcune porte che poi si arricchirà solo di tavoli e sedie. Anche il femminicidio finale, a colpi di pistola, si svolgerà nella sala da pranzo con Desdemona in ciabatte dopo il ricevimento che canta la sua ultima Ave Maria riversa su un tavolo non ancora sparecchiato. Si sa che il regista Ted Huffman ama le messe in scene minimaliste, ma qui l’impressione è che abbia tolto troppo, sopratutto all’inizio e alla fine dell’opera, senza riuscire a raccontare in modo convincente un Otello antieroe moderno, vittorioso in campo di battaglia ma allo stesso tempo fragile, a causa della sua gelosia e per la sua impulsività che lo porta ad agire senza riflettere, solo in base alle apparenze, nonché a mettere più in evidenza, come dichiarato nelle intenzioni di regia, il gioco manipolatorio di Jago. C’era molta attesa su questa nuova produzione del capolavoro di Verdi a Strasburgo, anche perché l’americano Ted Huffman è stato appena nominato nuovo direttore generale del Festival di Aix-en-Provence a partire dal prossimo primo gennaio, ma la sua nuova prova come regista non ha convinto. Regia non aiutata dagli interpreti principali che, eccetto il soprano franco-guatemalteco Adriana González adeguata come Desdemona, non era adatto od ancora maturo per i diversi ruoli: il notevole tenore georgiano Mikheil Sheshaberidze ha la voce potente e la presenza scenica per interpretare Otello, ma deve lavorare di più sull’interpretazione per trasmettere meglio le forti, contraddittorie, emozioni del suo personaggio; il pur bravo baritono polacco Daniel Miroslaw, malgrado sia stato già Iago più volte, appare invece un po’ monocorde per natura della voce, adatto per altro tipo di repertorio più che per un Verdi che richiede tanta espressività, sopratutto per un personaggio ambiguo come Iago, e lo ha dimostrato nel suo famoso monologo “Credo in un Dio crudel” che ha lasciato freddi. Nel resto del cast poi tanti giovani pure con buone voci ma con il gioco interpretativo ancora da maturare: Cassio è stato affidato al tenore spagnolo-portoricano Joel Prieto; la moglie di Jago, Emilia, è il mezzosoprano estone Brigitta Listra; l’ambasciatore Lodovico è il basso uzbeko Jasurbek Khaydarov. A controbilanciare tante mancanze registico-sceniche-interpretative, la direzione musicale della Scappucci letteralmente salva lo spettacolo, al suo debutto nella direzione di Otello ma forte della sua esperienza in quest’opera come assistente di Riccardo Muti che a sua volta l’aveva studiata con Antonino Votto che l’aveva studiata con Arturo Toscanini che l’aveva interpretata, come violoncellista, al momento della sua creazione a Milano. Con una tale importante eredità conoscitiva, la maestra ha scelto di fare suonare non la prima, la versione milanese del 1887, ma quella successiva di Parigi del 1894 rivista da Verdi non solo per adattarla alle esigenze parigine ma anche per rendere ancora più efficaci alcune scene, ad esempio, quella dell’offesa pubblica di Desdemona in presenza dell’ambasciatore, in cui Iago ha un ruolo maggiore, con un più drammatico, lungo recitativo di commento. La direzione della Scappucci è, come al suo solito, molto rigorosa, precisa e chiara, ma al tempo stesso fluida e ricca di colori. Se nella prima parte dell’opera è la sua energia che colpisce, negli ultimi due atti, ormai dato il giusto impulso a orchestrali e cantanti, accompagna l’insieme verso il dramma finale concentrandosi su equilibrio e misura delle diverse parti, riuscendo ad ottenere il meglio sia dall’Orchestre Philharmonique de Strasbourg che dal Choeur de l’Opéra national du Rhin integrato dal Choeur de l’Opéra national de Lorraine. Efficace è in particolare l’intesa con Adriana González, soprano che si fa notare per i suoi bellissimi filati, che guidata dalla musica della Scappucci regala un’interpretazione molto toccante, dolente di Desdemona, mostrando di avere tanta sensibilità oltre che una bella voce calda e con tecnica sicura. Una Desdemona non esile ma forte, anche se rassegnata, donna del Sud che ben si integra con l’idea del regista di fare svolgere il dramma a metà del Novecento. Ed in questa prospettiva sono disegnati i costumi stile anni Cinquanta di Astrid Klein, anche se Jago sembra più un giovane nazista. E dove è pure messo in evidenza dal regista il ruolo centrale del popolo, in un Sud sanguigno, tra scontri di fazioni e danze immancabili nelle occasioni sociali, con i movimenti studiati da Pim Veulings. Una coproduzione con l’Opéra national de Nancy-Lorraine e i Théâtres de la Ville de Luxembourg.