Omaggio a Giuliano Scabia
Concerto alla Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana a Firenze
19 settembre 2025 • 4 minuti di lettura
Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana , Firenze
Omaggio a Giuliano Scabia
15/09/2025 - 15/09/2025Difficile star dietro a quanto ci propone la Firenze musicale settembrina, ideale sarebbe lo sdoppiamento, o il dono dell’ubiquità. Lunedì 15 abbiamo seguito il concerto dedicato a un poeta, scrittore e uomo di teatro, Giuliano Scabia, nato novant’anni fa e da poco scomparso (1935-2021), padovano che di Firenze fece la propria città d’elezione. Ma non solo a Firenze, Scabia fu grande sperimentatore di teatro nei quartieri e nelle scuole, un teatro che partendo dalla poesia si faceva narrazione e scrittura collettiva, intendendo la drammaturgia, che Scabia insegnava al DAMS, come azione di ricerca ed esplorazione di confini e margini della realtà sociale.
Il Gruppo Aperto Musica Oggi (GAMO) grazie alla vicinanza e all’amicizia con la Fondazione nata per diffondere l’opera di Scabia ha impaginato un poetico omaggio invitando tre compositori a scrivere o riprendere lavori che con questo autore trovassero consonanza, interpretando così il nobile ruolo non solo di divulgatore della contemporaneità, ma di suo committente. I compositori erano Giulio Piras e Alessandro Polito, più giovani, e Claudio Ambrosini, ormai affermato oltre che di Scabia amico stretto. Ne sono usciti tre pezzi per ensemble da camera e un’azione semi-scenica, su temi e personaggi dell’autore di Commedia armoniosa del cielo e dell’inferno, Nane Oca, Le foreste sorelle, Canti del guardare lontano.
Il primo brano era Dittico (2025, in prima esecuzione) di Giulio Piras, il più giovane, non ancora trentenne, che rielabora due poesie Notte nasconditrice e Strepitosa luna, due quasi lied si direbbe. Prima una sorta di ballata dove un narratore affidato alla brava soprano Giulia Peri racconta con intimo trasporto il suo camminare notturno in radure e boschi; qui Piras, al di là di effetti naturalistici come i soffi e i sussurri, i suoni frullati e la ricerca di passaggi timbrici al limitare di suono e silenzio, rivela un desiderio di melodia su cui il brano si espande, con semplicità di echi pentatonici (le terze minori!) ingabbiati da una scrittura controllata e coerente. Il secondo brano, ispirato alla luna, più contemplativo e lirico, con un pianoforte meno protagonista e un maggiore equilibrio fonico-orchestrale nell’ensemble.
Seguiva Quasi una storia (2025, di nuovo una prima esecuzione), azione semi-scenica ispirata a Il lato oscuro di Nane Oca, dove Alessandro Polito poteva dar spazio alla sua vena pop e irriverente, invitando strumentisti e pubblico a interagire nel trovare un senso o un filo alla quasi-storia in 7 quadri e un prologo. I personaggi sono gli strumentisti stessi, scabiani quanto mai: Liànogiu Biascà (il direttore, Francesco Gesualdi), Nane Oca (la soprano), Fiore, il Re del Mondo (la flautista Sara Minelli), il Beato Commento (il clarinettista Giovanni Riccucci), il Leviatano (la pianista Marina Pellegrino), Guido il Puliero (il violinista Marco Facchini), la Vacca Mora (il violoncellista Lucio Labella Danzi), il Popolo del Pavano Antico (noi del pubblico). Il lavoro è una partitura teatrale e parlata, con spolverate di suoni armonici o al ponticello degli archi, rumori, frullii, soffi e schiocchi di dita, dove la voce si incanta in brevi lallazioni e l’attenzione del compositore è soprattutto agli stati d’animo fiabeschi indotti negli interpreti, con un ordito ritmico però dettato con scrupolo. Il pubblico interagisce attraverso una formula magica da ripetere per far viaggiare nello spazio-tempo il protagonista Nane Oca, e ci è parso che ci fosse del divertimento anche fra gli astanti, coinvolti dall’affabilità di Gesualdi e degli interpreti. Il finale solamente, torna verso una scrittura musicalmente più determinata, attraverso un valzer destrutturato dagli echi stravinskiani e a un doppio canone lunare (nel senso di Pierrot). Lo spirito di Giuliano Scabia c’era tutto, come rilevato da Claudio Ambrosini nella sua breve introduzione a memoria dell’amicizia con Scabia.
I due brani di Ambrosini
Infine ecco i due brani di Ambrosini: Tremita l’aria (2024) dal Canto notturno di Nane Oca sul platano alto dei Ronchi Palù musica l’ultima stanza della poesia che apre il bellissimo Le foreste sorelle. Lo stesso compositore la definisce ‘parlata per voce e strumenti’, perché prende il testo come fondante la creazione stessa. “Tremita l’aria quando sorge amore / e un vuoto si forma – dentro cui va il vento / Vento noi siamo…” queste parole e queste immagini dettano la volontà di restare fra suono e parola, fra silenzio e suono, da cui sussurri, bisbigli, soffi, articolazioni quasi balbettanti unite allo sfogliarsi di un libro. Una parola alitata, si fa strada attraverso frammenti strumentali, circondata e sospesa fra cromatismi indistinti, armonici, quasi brividi, fino a prendere corpo con intervalli più ampi dalla metà del brano. Grazie all’intensità degli interpreti la simbiosi ci è parsa riuscita.
Vite di suoni illustri
Concludeva il brano del 2012 Vite di suoni illustri, unico senza la voce, dove l’intenzione era di appropriarsi di quattro celebri incipit (i ‘suoni illustri’) per immergerli in un tessuto del tutto contemporaneo, come rivissuti e inglobati in una tela, o ragnatela, pollockiana, ma pur riconoscibili, come pietre preziose, e pur generatori interagenti di rielaborazioni e permutazioni. Il lavoro che si definisce divertissement non è semplice, anzi lo diremmo impresa temeraria, avendo a che fare con Rapsodia in blu, Prélude à l’après midi d’un faune, il paganiniano Capriccio XXIV, un intervallo ‘del lupo’ (i battimenti generati da un’accordatura perfetta e non equabile) per ricordare W.A.Mozart -wolfi nonché Für Elise. La scaltrezza e la perizia, quasi fiamminghe, di Ambrosini emergevano chiaramente, così come la bravura di chi ha suonato e diretto. Buon successo da parte di un pubblico interessato e divertito.