Macerata: Figaro in un reality

Successo per l'opera rossiniana allo Sferisterio

Il Barbiere di Siviglia (Foto Simoncini)
Il Barbiere di Siviglia (Foto Simoncini)
Recensione
classica
Sferisterio di Macerata
Il Barbiere di Siviglia
12 Agosto 2022 - 21 Agosto 2022

Dopo il mondo del cinema, è quello del piccolo schermo l’ambient in cui si dipana la vicenda del Barbiere rossiniano, terza produzione teatrale del Macerata Opera Festival. Eppure il filo rosso che ha legato i tre spettacoli maceratesi sembra essere nato per caso, perché questo Barbiere rappresenta il progetto vincitore del concorso internazionale riservato ad artisti under35, realizzato nel 2020 dal Macerata Opera Festival in collaborazione con Opera Europa e il Rossini Opera Festival, ed era previsto lo scorso anno.  Autore del progetto è il regista Daniele Menghini, insieme allo scenografo Davide Signorini e alla costumista Nika Campisi. La giuria del concorso era presieduta dal regista inglese Graham Vick, scomparso un anno fa, a cui questa nuova produzione del MOF è dedicata.

Sulla scena dunque si giravano tre format televisivi diversi, tra telecamere, ciak, televisori: uno, F*cktotum, condotto da  Figaro, è un reality che fa incontrare coppie di innamorati dentro un salone di parrucchieria; il secondo, dal titolo La calunnia, condotto  da Basilio, al contrario mette in scena la crisi delle coppie; il terzo è invece L’inutil precauzione, soap opera ambientata in un caricaturale Settecento tutto rosa confetto in cui la protagonista è l’attricetta Rosina. Accanto ai cantanti e al coro molti figuranti e mimi, che hanno animato il palcoscenico anche durante l’ouverture, con rumore anche eccessivo, in questo caso, che disturbava la musica. Un senso di “troppa presenza” si avvertiva anche in altri momenti, come nel finale del primo atto, dove dopo la pietrificazione di don Bartolo, ripreso in primo piano sugli schermi televisivi, il successivo stordimento di tutti era tradotto dai movimenti convulsi dei mimi.

Alcune trovate registiche sono risultate indubbiamente accattivanti: come il maxicronometro digitale che segnava in decimi di secondo  lo scioglilingua finale di “A un dottor della mia sorte”; o Figaro che arriva in monopattino; o  la lezione di canto di Rosina, accompagnata da una chitarra elettrica, con lei  capelli rosa, anfibi e giubbotto oversize e don Alonso in stile pop. Alla fine del primo atto simpatica anche l’entrata del coro in divisa da “security” alle spalle del direttore, che lo costringe a dirigere voltandosi verso il pubblico. Finale a sorpresa (ma non se ne sentiva la necessità!) con Rosina che dopo le mille peripezie per unirsi al suo amato si dà alla fuga, inseguita da una telecamera che la riprende fin fuori del teatro.

Il cast era composto da Ruzil Gatin (Il conte d’Almaviva), Roberto de Candia (Bartolo), Serena Malfi (Rosina), Alessandro Luongo (Figaro), il marchigiano Andrea Concetti (Basilio) che festeggia i trent’anni di carriera iniziata proprio allo Sferisterio, Fiammetta Tofoni (Berta), William Corrò (Fiorello); sul podio della FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana- il giovane Alessandro Bonato, suo direttore principale. Bravi tutti i cantanti, con particolare plauso a Gatin e de Candia, spigliati sul piano della recitazione e  duttili su quello vocale e interpretativo. Bonato ha affrontato la partitura, come si legge nel libro di sala,  con la consapevolezza che nello spazio aperto taluni dettagli della scrittura rossiniana andassero perduti; in nome dell’intelligibilità del libretto e di tutti i parametri sonori sceglie poi di non eseguire alcuni di quegli accelerando di tradizione e di privilegiare tempi più comodi. In effetti però  l’indugiare sulle linee melodiche e sulla  curvatura delle frasi  (come taluni  ritardandi sulle appoggiature nell’ouverture) hanno fatto perdere talvolta alla lettura musicale quella verve ritmica che in Rossini è irrinunciabile.

 Molti gli applausi del pubblico, in un teatro pieno fino all’orlo. 


 

 

 

 

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