L'Opera torna a Caracalla

Dopo 10 anni l'opera torna a Caracalla con una Carmen dall'impostazione sorprendentemente cameristica per un teatro all'aperto

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
George Bizet
24 Luglio 2003
Dopo 10 anni l'Opera è tornata nella sua storica sede estiva di Caracalla, dove i romani erano abituati ad ascoltare e soprattutto a vedere - perché l'acustica è quella che è - le storie di Aida, Tosca e altre eroine melodrammatiche, in allestimenti spettacolari ma anche un po' approssimativi, almeno negli ultimi tempi. Ma ora qualcosa è cambiato e il luogo e gli allestimenti non potranno avere la spettacolarità di prima, però la qualità musicale dovrebbe avvantaggiarsene. Infatti la Sovrintendenza archeologica ha giustamente imposto che il palcoscenico non si appoggiasse più sugli antichi ruderi e quindi la nuova struttura sorge in uno spazio vuoto circondato dalle mura perimetrali delle immense terme: luogo comunque di straordinaria bellezza e suggestione. Inoltre i posti sono stati molto ridotti a duemila, ma forse l'anno prossimo sarà possibile raddoppiarli. Infine il palcoscenico è stato rimpicciolito: in larghezza è ancora più o meno il doppio di un teatro normale, ma ha pochi metri di profondità, non ha soffitta (come tutti i teatri all'aperto) e nemmeno retropalco. Non sono invece cambiate l'ingrata situazione acustica, cui contribuiscono il solito venticello (evviva! con questo caldo) e un traffico aereo da ora di punta. Si è rimediato con l'amplificazione: pazienza se le voci vengono alterate, ma è fastidioso che il cantante apra la bocca in mezzo al palcoscenico e la voce arrivi dagli altoparlanti sistemati ai lati. Ora che il vecchio Teatro Costanzi ha l'aria condizionata, non sarebbe meglio ascoltarsi le opere nella situazione ideale anche d'estate, in un vero teatro? Per quest'anno l'opera è una sola, Carmen, nell'edizione con i recitatitivi musicati da Guiraud. Dal podio Michel Plasson mantiene alto il livello musicale dell'esecuzione. L'orchestra ha riccchezza e eleganza di colori, varietà e cura di dettagli, ma tutto è delibato con grande lentezza, a scapito di quel misto di verve parigina e di fuoco gitano che può facilmente diventare oleografico ma che il pubblico estivo si aspetta. Insomma una Carmen quasi cameristica, che ci conferma nell'idea che il luogo ideale per ascoltarla sarebbe un teatro. Anche gli interpreti in palcoscenico, quasi tutti di provenienza mozartiana e rossininana, sarebbe stato un piacere ascoltarli al chiuso. Sonia Ganassi non è più solo Rosina e Cenerentola ed una splendida interprete del repertorio francese, che affronta con vocalità leggera, agile, elegante, controllata, senza la minima a sbavatura, quel che ci vuole per Carmen, che è una gitana ma che è stata creata musicalmente da quella quintessenza della musica francese che era Bizet: così ne coglie il vero erotismo che non è fatto di ancheggiamenti (molto sensuale la scena con José nel secondo atto, che qui si svolge intorno a un simbolico materasso rosso) e soprattutto la profonda tragicità che non consiste nell'urlare (intensa l'aria del terzo atto e molto drammatico il finale). Nel finale trova adeguata risposta nel Don José di Mario Malagnini, che sostituisce Alberto Cupido ufficialmente indisposto, e esibisce un bel timbro (applauditissima la romanza del fiore) talvolta con un po' di superficialità e approssimazione ma talvolta con maggiore incisività e proprietà. Eccellente l'Escamillo di Ildebrando D'Arcangelo, arrogante ma non volgare, esuberante ma controllato. Elizabeth Norberg-Schulz cesella squisitamente le due arie di Micaela. Ben scelti anche i comprimari, in particolare il Morales di Fabio Maria Capitanucci e lo Zuniga di Carlo Cigni, a suggello d'un livello musicale superiore alle medie estive. Interessante anche la parte visiva, che però ha dato qualche delusione invece a chi dall'opera all'aperto vuole soprattutto spettacolarità. Scene nude d'Italo Grassi, d'un color bianco sporco, con alcuni gradoni laterali e una passerella a dargli un po' di profondità e movimento. Tre schermi sul fondo, dove sono proiettate immagini di vario tipo: per esempio, i colori infuocati dell'Andalusia, le gonne rosse vorticanti nella danza e, durante il confronto finale tra Carmen e José, un occhio sbarrato cui si sovrappone un'onirica corrida. Regia di Francesco Esposito, che tende all'essenzialità, eliminando molti bozzetti da cartolina illustrata. Costumi primo '900 della stilista Alberta Ferretti. Teatro pienissimo. Molti personaggi dello spettacolo (il rocker Bryan Adams è venuto appositamente a Roma) e della politica. Alla fine lunghi applausi.

Interpreti: Ganassi/Herrera, Cupido/Tanner/Malagnini, D'Arcangelo/Trajanov, Norberg-Schulz/Angeletti, Di Censo/Alloro, Tramonti/Zaramella, Accurso/Orecchia, Bosi/De Angelis, Cigni/Di Cristoforo, Capitanucci/Fiocchi

Regia: Francesco Esposito

Scene: Italo Grassi

Costumi: Alberta Ferretti

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera

Direttore: Michel Plasson

Coro: Coro del Teatro dell'Opera

Maestro Coro: Andrea Giorgi

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Bologna: il nuovo allestimento operistico dell’Orchestra Senzaspine ha debuttato al Teatro Duse

classica

Successo per Beethoven trascritto da Liszt al Lucca Classica Music Festival

classica

Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo