L'irraggiungibile balcone dell'amore

Un garbato e composto rigore settecentesco ha caratterizzato questo spettacolo. Certo, la forte connotazione storica della comicità di Paisiello, sia nella musica che nelle parole, propone un impianto melodrammatico a volte eccessivamente ingessato e una scrittura fin troppo calibrata e contenuta negli schemi formali. Ma la bella disinvoltura del cast, insieme all'allestimento, fresco e dinamico, hanno saputo rivitalizzare questa partitura.

Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
Giovanni Paisiello
25 Giugno 2004
Un garbato e composto rigore settecentesco ha caratterizzato questo spettacolo. Certo, la forte connotazione storica della comicità di Paisiello, sia nella musica che nelle parole, propone un impianto melodrammatico a volte eccessivamente ingessato e una scrittura fin troppo regolata dagli schemi formali. Ma la bella disinvoltura del cast, insieme all'allestimento, fresco e dinamico, hanno saputo rivitalizzare questa partitura. La messinscena, in particolare, è stata ricca di soluzioni immaginifiche. Gli interni, articolati prevalentemente in altezza su solai sovrapposti collegati da una scala a chiocciola, riproducevano serialmente l'idea del balcone e con essa dell'affaccio, della salita e discesa e dello sporgere faticosamente sfiorandosi: solo nel terzo atto Rosina poggerà i piedi a terra, per poi tornare sulla sua "camera-torre" sorvegliata. Pregevoli i costumi e curatissimo il trucco. La distribuzione dei ruoli conferma la fedele aderenza di Paisiello alle convenzioni della sua epoca con il vecchio tutore Don Bartolo, basso buffo, in primissimo piano sulla carta, che grazie a Filippo Morace è brillato anche sul palcoscenico, accanto ad una Stefania Donzelli (Rosina) sufficientemente lirica e tenera. Mirko Guadagnini (il Conte) e Gianpiero Ruggeri (Figaro) hanno quindi sapientemente completato il quadro espressivo: bel tenore innamorato il primo, intraprendente faccendiere il secondo; piuttosto afono Mauro Utzeri (Don Basilio).

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