La solitudine di Montezuma

Vivo successo a Praga per la prima assoluta di "Montezuma (La Conquista)" di Lorenzo Ferrero

Recensione
classica
Opera di Stato di Praga Praga
Lorenzo Ferrero
12 Marzo 2005
C'è la solitudine del potere al centro di "Montezuma (La Conquista)" l'opera di Lorenzo Ferrero andata in scena a Praga la sera del 12 marzo in prima mondiale ("Svetova Premiera", come recitavano i manifesti davanti al Narodni Divadlo). Moteuczoma (questa l'esatta grafia del nome di Montezuma seconda la sua lingua, il Nahuatl) e Cortés sono due uomini soli, ed entrambi saranno sconfitti. Non ci sono buoni o cattivi, ma due mondi che non riescono a comprendersi: Moteuczoma canta in Nahuatl, Cortès in spagnolo, Marina, la donna che è stata l'interprete tra i due e che collega il Messico di ieri con quello di oggi, in inglese. Con un'orchestra tradizionale e ricca di percussioni Ferrero "omaggia" tutti i topos dell'opera lirica: le arie meditative dei due protagonisti lacerati dai dubbi, i cori di toccante emozione (lo stupore degli spagnoli che scoprono Tenochtitlan nel finale del primo atto, i soldati che si interrogano sulla tristezza del comandante nel secondo) e squarci sinfonici di intensa potenza drammaturgica (il terremoto iniziale, il convulso Messico di oggi, il lungo viaggio tra montagne e deserti). A Marina, trait d'union tra passato e presente, (interpretata dalla cantante pop ceca Radka Fisarova, perfettamente a suo agio nel ruolo) riserva invece pagine di cantabilità più scoperta e libera, in stile da musical, che non stridono per nulla con la struttura più "classica" del resto dell'opera. Con un gioco di quinte mobili, proiezioni di immagini, calibrati movimenti delle masse e pochissimi elementi scenici Nicholas Muni (regista americano che i teatri lirici italiani farebbero bene a "scoprire") delinea con efficacia la psicologia dei personaggi: Cortés in canottiera e bretelle è un vero "Monsù Travet" della guerra, Montezuma, sconfitto, viene vestito con un completo di flanella grigia, così, con un effetto straziante, diventa "omologato" agli impiegati messicani di oggi che corrono per prendere la metropolitana, Marina ha cinque cloni/sosia, cinque donne uguali a lei che ripetono, in maniera inquietante, i suoi gesti. Ottima la prova di Josef Kundlak come Moteuczoma, ben contrastato dal baritono Ivan Kusnier come Cortés, brillante la prova della Prague Philharmonia diretta da Zbynek Muller. Successo vivissimo con diverse chiamate alla ribalta per il compositore. Un dato di cronaca sul concetto di memoria che hanno i Cechi: prima dell'inizio dell'opera il sovrintendente Daniel Dvorak, dal palcoscenico, ha citato e salutato cantanti e direttori del recente passato del teatro presenti in sala: si alzavano e il pubblico li applaudiva. Un bel modo di ricordare chi ha fatto grande un teatro anche se oggi non canta o non suona più.

Interpreti: Radka Fisarova, Josef Kundlak, Ivan Kusnier, Jirí Kalendovsky, Jaroslav Brezina

Regia: Nicholas Muni

Scene: Stefan Rieckhoff

Costumi: Stefan Rieckhoff

Coreografo: Regina Hofmanová

Orchestra: Prague Philharmonia

Direttore: Zbynek Muller

Maestro Coro: Pavel Vanek

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