La maestra e il giovane pianista
Maria Joao Pires e Julien Brocal insieme a Firenze per Debussy, Ravel e Beethoven
Recensione
classica
Anche Maria Joao Pires ha adottato per i suoi concerti la formula “alla Argerich” del presentarsi in pubblico con gli allievi più dotati dei suoi corsi alla Chapelle Musicale Reine Elisabeth a Waterloo. Il suo concerto all'Opera di Firenze (per il ciclo “I Grandi Interpreti”, aperto a febbraio da Pollini, in coproduzione con gli Amici della Musica) ha visto la pianista portoghese alternarsi al pianoforte con il ventottenne Julien Brocal, in un programma sotto la duplice insegna dei francesi e di Beethoven. Il pianismo insieme lucido ed estroso della Pires è tanto capace di incisività e di dettaglio sul particolare, quanto provvisto di una così convincente tensione narrativa da conferire unità formale e sostanziale alla pagina affrontata. Ed è apparso veramente l'ideale per il Debussy proiettato verso il classicismo novecentesco di “Pour le piano”, a cui rispondeva Brocal con il Ravel dei “Miroirs”, imperniati su un sentimento elegante del suono e della ricerca timbrica che ne rifrangeva le molteplici suggestioni impressioniste. Il giovane pianista ha poi proposto “Les Adieux”, in una chiave animata e danzante a cui forse ancora manca la vigoria, l'energia intima dell'accento beethoveniano. Che invece non mancava affatto all'op. 111 della Pires, a nostra memoria una delle interpretazioni più personali e più ispirate dell'ultima sonata beethoveniana, in cui il particolare da illuminare – ad esempio i raccordi formali fra le variazioni dell'Arietta - e senso delle tensioni strutturali peculiari dell'ultimo Beethoven si tenevano reciprocamente, in una visione insieme intima e abbagliante. Successo pieno e fuori programma a quattro mani con una Romanza senza parole di Mendelssohn.
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