La felice riapertura del Teatro delle Muse

Scelta coraggiosa, con un testo difficile e una compagnia vocale di prim'ordine

Recensione
classica
Teatro delle Muse Ancona
Wolfgang Amadeus Mozart
06 Novembre 2002
Vorremmo più spesso, come oggi, poter cominciare la nostra recensione annunciando che un nuovo spazio teatrale è stato restituito al pubblico della sua città. Edificato nel 1827, il Teatro delle Muse di Ancona ha dovuto subire le ingiurie della guerra prima, del terremoto poi, ma soprattutto di una miope burocrazia che l'ha tenuto chiuso oltre ragione per sessant'anni. Stravolto nei suoi spazi interni da un primo tentativo di ricostruzione rimasto incompiuto, persa del tutto la sua struttura ottocentesca a palchi, riapre oggi con nuova fisionomia, non bella ma funzionale: platea, tre gallerie e balconcini laterali (sul modello del Carlo Felice di Genova), per un totale di 1057 posti. Dopo l'inaugurazione ufficiale, il 13 ottobre, affidata al Riccardo Muti nazionale sceso in concerto con la sua orchestra, ecco finalmente risuonare le note del genere musicale per cui l'edificio fu pensato. Onore al merito di chi ha scelto, in una decisione non facile, il titolo d'apertura: non la solita "Aida" per compiacere la moglie dell'assessore, ma un titolo che si è soliti considerare 'difficile': "Idomeneo, Re di Creta", in omaggio al giovane Mozart che quattordicenne era passato per la città durante il suo primo viaggio in Italia. Assai felice la scelta del cast vocale, con un quartetto di primo livello: il tenore Charles Workman, in grado fra i pochi di cimentarsi nelle acrobazie richieste dalla sua grande aria senza sottoporla ai tagli d'uso, ma non meno intenso nei sofferti recititivi di cui è disseminata la parte del protagonista; Eva Mei e Francesca Provvisionato a perfetto agio in ruoli basati sulla purezza della linea vocale; Mariella Devia, già Ilia in passate occasioni ed ora debuttante nel ruolo più drammatico di Elettra, indirizzando verso accenti taglienti la sua voce per natura lirica e brillante. A sostenere il palcoscenico mancava purtroppo un'orchestra adeguatamente incisiva: la partitura che pur è un concentrato dell'estetica del 'sublime' in musica scorreva senza impennate, priva di quegli accenti variamenti scolpiti che l'eterno recitativo accompagnato necessita per non scemare nella noia, senza il nitore della grazia, l'enfasi della violenza, così che anche un brano memorabile come l'aria di furore che conclude l'epopea di Elettra era nella concertazione di Gerard Kostern furoreggiante nella voce ma non nel sostegno strumentale. Stupiscono, poi, le scelte nella realizzazione del basso continuo, privo del 'violoncello al cembalo' nei recitativi secchi e mancante dello stesso clavicembalo durante i 'numeri musicali', con esiti conseguentemente curiosi, come quando in un'intera aria il cembalo veniva chiamato ad uno ed uno solo intervento per l'indispensabile accordo di settima al termine della cadenza vocale. L'allestimento di Pier Luigi Pizzi era una rassegna degli elementi scenici e delle posture che sono parte integrante del suo ben noto stile visivo, senza lo sfarzo esibito in altre occasioni, senza la cura dei particolari che gli è solita, e quindi senza la magia che altrove ci ha incantato. Dominava il mare, ora tempestuoso ora placido (con tanto di Nettuno ignudo che s'erge dai flutti ad affondar vascelli col suo tridente), in omaggio al mare vero che a pochi metri dal teatro infrange le sue onde. Pieno successo, particolarmente caloroso per Workman Devia e Pizzi, in un teatro purtroppo non esaurito. Il primo compito della nuova direzione dovrà essere proprio quello di crearsi un pubblico, da sessant'anni assente in città. Buon lavoro.

Note: nuovo all.

Interpreti: Workman, Mei, Devia, Provvisionato, Schneider, Olivieri, Zanellato,

Regia: Pierluigi Pizzi

Scene: Pierluigi Pizzi

Costumi: Pierluigi Pizzi

Orchestra: Orchestra Filarmonica Marchigiana

Direttore: Korsten

Coro: Coro Lirico "V. Bellini"

Maestro Coro: Morganti

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