"Jenufa" rosso pallido

Delude la "Jenufa" dello Châtelet. Stéphane Braunschweig non sa ripetere il miracolo che si produsse nel '96. Le principali debolezze si rintracciano nella fossa da cui l'Orchestre de Paris sotto la bacchetta di Sylvain Cambreling dà una lettura sbiadita della partitura di Janacek. Anche Karita Mattila non pare all'altezza della sua reputazione. Invece, estremamente convincente è stato il cast maschile.

Recensione
classica
Théâtre du Châtelet Parigi
Leos Janacek
15 Maggio 2003
Chi può dimenticare l'enorme ruota rossa che dominava la scena contrastando sul fondale nero? Il ricordo della produzione di "Jenufa" allo Châtelet nel 1996 è rimasta indelebile. Ecco perché l'annuncio di una ripresa di questo memorabile spettacolo non poteva che suscitare uno spasmodico clima di attesa. Tanto più che si trattava di un recupero di lusso con Karita Mattila, per la prima volta nei panni del ruolo eponimo. Eppure, malgrado tutto facesse presupporre un grande successo, la delusione è stata enorme. "Jenufa" è tornata allo Châtelet senza la magia della prima volta. Quando le riprese non funzionano, le cause sono in genere da ricercare in un fisiologico logoramento dovuto alla routine. Ma in questo caso, l'iniezione di forze nuove (per altro del calibro della Mattila) sembrava evitare tali rischi. L'équipe è cambiata rispetto a quella del '96. Cosa è che non è andato? Forse a questo spettacolo dello Châtelet è mancato un po' di lavoro di rifinitura. Stéphane Braunschweig, il geniale regista che partorì idee nuove incastonate in uno spettacolo mozzafiato, non ha saputo ripetere il miracolo. Ma certo le colpe più gravi vanno imputate al direttore d'orchestra: Sylvain Cambreling non ha retto il confronto con Simon Rattle. E sotto la sua bacchetta, l'Orchestre de Paris, che solo pochi giorni fa ha regalato ai parigini un meraviglioso "Benvenuto Cellini" di Berlioz, è apparso irriconoscibile. Dove è finita la ricca tavolozza di colori voluti da Janacek, di cui l'ensemble parigino ha dimostrato, in altre occasioni, di sapere rendere la varietà? perché questo suono monocorde che livella i contrasti e soffoca ogni sfumatura timbrica? dove si è cacciata la geniale ricchezza timbrica concepita da Janacek e, di certo, uno dei punti di forza della partitura di Jenufa? Di fronte a questa esecuzione assai deludente, il pubblico parigino ha ragione di inquietarsi sapendo che sarà proprio Cambreling a diventare il prossimo direttore stabile dell'Orchestre national de Paris, ovvero di Bastille e di Palais Garnier. Karita Mattila si è fatta sostituire per la maggior parte delle rappresentazioni. Con il biglietto da visita di sicura eccellenza allo Châtelet grazie ad insuperabili ruoli (Elisabetta in "Don Carlos", Desdemona e Arabella), il soprano finlandese sembrava l'interprete ideale di Jenufa. Purtroppo anche lei ha deluso: certo il timbro è sempre puro, ma la linea vocale è monotona. Le mancano gli accenti drammatico-espressivi che il ruolo richiede. E pure la potenza è appena assicurata. Rosalind Plowright è estremamente espressiva nei panni di Kostelnicka, ma non dispone dei mezzi per questa parte: la grande scena del secondo atto ne ha tradito i limiti. Le buone sorprese sono invece venute dal cast maschile: estremamente convincente è parso Gordon Gietz. Soprattutto, bravissimo è stato Stefan Margita in un Laca Klemen dalla voce enorme. Il rosso fuoco del '96 ha perso il suo smalto. "Jenufa", comunque, torna a commuovere.

Interpreti: Karita Mattila, Jenufa; Rosalind Plowright, Kostelnicka; Stefan Margita, Laca Klemen; Gordon Gietz, Steva Buryja; Menai Davies, Starenka Buryjovka; Ivan Kusnjer, Starek; René Shirrer, Rychtar; Galina Kuklina, Rychtarka; Pavla Vykopalova, Karolka; Marta Benackova, Pastuchyna; Helena Kaupova, Karolka; Simona Houda-Saturova, Jano; Caroline Allonzo, La zia

Regia: Stéphane Braunschweig

Costumi: Thibault Vancraenenbroeck

Orchestra: Orchestre de Paris

Direttore: Sylvain Cambreling

Coro: Coro del Théâtre du Châtelet

Maestro Coro: Donald Palumbo

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