International Body Music Festival 4 | Tutti insieme (appassionatamente)

Altre esplorazioni, rigorosamente collettive, a Istanbul

Recensione
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Chi all’IBMF cerca gli spettacoli dei singoli gruppi rimane a bocca asciutta: la cifra artistica del festival non è il concerto del singolo artista o gruppo, ma l’incontro fra esperienze diverse. Ogni giornata ha quindi offerto nella parte serale spettacoli in cui diversi gruppi vengono chiamati a dare un saggio della propria arte e, possibilmente, a sperimentare collaborazioni e incontri. A proprio agio in qualsiasi contesto è LeeLa Petronio, da oltre dieci anni colonna di STOMP, ma anche sapiente e divertente direttrice dello Hip Tap Project. Nella giornata di giovedì 11 ottobre ha condotto la seconda parte di uno dei laboratori più impegnativi del festival, partecipato da una ventina di body percussionist e ballerini che hanno risposto con entusiasmo alla sfida del creare in poche ore, distribuite nell’arco di due giornate, una nuova coreografia che ha aperto lo spettacolo serale all’Istituto Francese di Cultura. Sul palco LeeLa rimane quasi sempre in secondo piano, avendo saputo creare per ogni momento dello spettacolo due o tre gruppi che si sostengono a vicenda grazie a efficaci meccanismi di incastro e botta e risposta a partire da ritmi sostenuti e intelligenti sincopi che valorizzano il lavoro ritmico dei piedi. Meccanismo che funziona all’ennesima potenza quando LeeLa è di scena con gli altri tre membri dell’ Hip Tap Project, artisti a tutto tondo che danno corso a un vortice di idee e divertenti “contrasti”, in una miscela inedita di body percussion e teatro-danza.

Ben diversa, anche se altrettanto intensa, la proposta di Sandy Silva che negli anni ha integrato body percussion e passi tap nei suoi assolo come danzatrice: sul palco propone sin dai primi gesti un mondo intimo, aperto all collaborazioni, come quella che arriva puntuale in chiave vocale da parte dei membri di Barbatuques. A chiudere la serata hanno pensato i KeKeÇa, attenti alla tradizione metrica turca degli usul, pacati e più “lenti” nei tempi se messi a confronto con gli altri gruppi, ma non per questo meno interessanti. Sulla “lentezza” del gruppo locale ha giocato LeeLa che è ricomparsa sul palo durante il brano finale dei KeKeÇa in un’esilarante “opera di disturbo” che simulava il tentativo di inserire cellule ritmiche e gesti nuovi che poco a poco hanno coinvolto gli altri artisti (per un totale di 14) presenti in sala, offrendo uno spaccato dell’intensità degli scambi artistici che avvengono dietro le quinte e dell’affetto e dell’ironia che lega questi artisti.
Un’atmosfera più raccolta e sognante ha invece caratterizzato lo spettacolo del 12 ottobre all’Istituto Italiano di Cultura, condotto da Ayse Akarsu in veste di narratrice con la partecipazione di artisti locali come Ahmet e Hasibe Can, allevatori che sanno usare le dita come un plettro nel modificare il canto in gola, toccando appena il collo; o come i bgst dancers, ponte fra tradizione e sperimentazioni di body percussion. Ma il viaggio narrato da Ayse ha saputo coinvolgere anche Danny "SlapJazz" Barber, Evie Ladin, Fernando Barba e i Barbatuques, Kantu Korpu e Sandy Silva. E’ stata anche l’occasione per rivedere da soli sul palco i due fondatori di KeKeÇa, Tugay Basar e Timuçin Gurer impegnati nella feconda esplorazione degli usul.

Immagine rimossa.

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