International Body Music Festival 1 | Il corpo suona a Istanbul

La metropoli turca ospita il festival itinerante dedicato alla body music

Recensione
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I 140 metri della Torre di Galata sono uno dei punti di riferimento di Istanbul. A pochi passi dalla costruzione genovese si trova uno dei punti di riferimento del panorama body music internazionale, la sede di KeKeça, il gruppo di fondato dieci anni fa da due percussionisti fra i più ricercati dai gruppi turchi di musica improvvisata e roots, Tugay Basar e Timucin Gurer. Negli anni il duo si è trasformato in un creativo quintetto con numerosi tour internazionali all’attivo. Da ieri ospita a Istanbul la quinta edizione dell’International Body Music Festival. Fino a domenica 14 ottobre si raccolgono nel cuore di Istanbul una ventina di punti cardinali di quest’arte: dal Brasile dei Barbatuques alla Grecia dei Kantu Korpu, dal Canadà di Sandy Silva alle Canarie di Jep Melendez e Raul Cabrera.

Unico nel suo genere, l'International Body Music Festival è al tempo stesso un pirotecnico evento artistico, un laboratorio didattico, e una riunione di famiglia ricca di scambi di ricette interculturali. Il festival è stato concepito per la prima volta nel 2008 da Keith Terry (www.crosspulse.com), straordinario nomade della body percussion che fin da subito ha pensato ad un festival che avesse una casa (San Francisco) ed una dimensione itinerante che lo portasse ad essere ospitato negli anni pari in una sede diversa (nel 2010 si è svolto a San Paolo, in Brasile). La maratona body music di Istanbul si articola in sei giornate (9-14 ottobre) ospitata da alcuni dei nodi culturali che si affacciano sul Bosforo: CRR Concert Hall, BKM, Nardis Jazz Club, Istituto Culturale Francese, Centro di Cultura Italiano, Arte Istanbul, Adahan Istanbul, Notre Dame de Sion Concert Hall , Çıplak Ayaklar Studio e Urban Lounge.

Dopo il primo di una nutrita serie di laboratori tenuto nel pomeriggio da Leela Petronio, il concerto di apertura alla CRR Concert Hall ha presentato una vera e propria all star della body music, con vari gruppi che si sono alternati sul palco dando vita ad una sequenza poetica e mozzafiato al tempo stesso. Proprio Leela Petronio con il quartetto Hip Tap Project ha letteralmente aperto le danze, con un’ispirata sintesi di body percussion breakdance; in maniera quasi contrappuntistica le ha risposto l’assolo di Lior Shoov, capace di trasformare una breve strofa di canzone in una partitura in cui ogni angolo del suo corpo trova modo di esprimere un’emozione sonora. Il festival è finalmente arrivato nel Mediterraneo con il trio greco Kantu Korpu, sapienti miscelatori di canti tradizionali, tempi dispari e passi di flamenco con una consapevolezza dello spazio scenico che sembra aver fatto propria la lezione di Pina Bausch. Cuore del concerto sono stati i brasiliani Barbatuques con una serie di brani che mostrano una body music matura, con ampio uso della vocalità e la capacità di suddividere accenti complessi fra i vari mebri del quintetto (ampliato a sestetto nel brano iniziale con l’inclusione del maestro Stenio Mendes). Dopo una breve pausa, il quintetto di casa, i KeKeÇa hanno presentato un saggio della loro arte, spesso “morbida” e intelligentemente ironica, capace di “sottrarre” oltre che di presentare inedite soluzioni ritmico-melodiche. Decisamente solare l’intervento dedicato alla musica cubana di matrice yoruba di Jep Melendez e Raul Cabrera, un’orchestra che con soli due musicisti non si fa mancare nulla, dal tip tap al piacere del canto sostenuto dalla “clave” afro-latina. In chiusura non poteva mancare Keith Terry con i Corposonic, preludio pirotecnico al gran finale che ha coinvolto il pubblico in una jam che nessuno avrebbe voluto terminare.



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