Il virtuosismo di Gibboni

A Napoli per l'Associazione Alessandro Scarlatti

Giuseppe Gibboni
Giuseppe Gibboni
Recensione
classica
Teatro Sannazaro di Napoli
Giuseppe Gibboni e l’Orchestra da camera Ferruccio Busoni
27 Ottobre 2022

Giovedì 27 ottobre Giuseppe Gibboni e l’Orchestra da camera Ferruccio Busoni diretta da Massimo Belli erano al teatro Sannazaro di Napoli per la stagione dell'Associazione Alessandro Scarlatti. E ogni esecuzione è monumentale, intima e virtuosistica. Il violinista campano ha presentato uno splendido impaginato di Henryk Wieniawski seguito dalla celeberrima “Campanella” di Paganini, poi Grieg.

Esordisce l’orchestra con la Serenade per archi di Vassily Kalinnikov, quasi spensierato, che dopo poche battute ispira una cantabile melodia dei violini di lirismo soave. Musica delicata quella del violinista Wieniawski, densa e complessa, intima l’interpretazione nella variazione in minore, e, anche se per quelle più mosse, mai veramente scattanti, Wieniawski affida al violino un moderato e fresco virtuosismo, il carattere leggero e salottiero mantiene il sopravvento. Temi limpidamente cristallini emergono chiari e leggeri come tutto fosse parlato da parte di Gibboni. Si entra nel vivo del concerto con La Campanella. Altre pagine, altra forza. In un unico gesto, Gibboni racchiude il Paganini carico di energia, animato e funambolico. Notevoli le vigorose arcate negli sforzando e mozzafiato le scale, i picchettati. Certo in Paganini la bellezza si esaurisce tutta lì. Gibboni sembra rapito, beato. Il giovane violinista non ha bisogno di conferme e si proietta in un futuro ricco di musica e sempre più stella della nostra terra, magari come artist in residence proprio per la Scarlatti/Curci un giorno, si spera. Dei tre capricci di Paganini eseguiti come bis il pubblico è catturato all’unanimità dal n. 5. Rimbalza l’archetto sulle corde, ma è solo dopo gli arpeggi che Gibboni inizia a dettare il ritmo si entra in un vortice melodico, ed è tutto virtuosismo puro. Un Perpetuum mobile da fiato sospeso caratterizza il fraseggio, effetti sonori, scale vorticose. Platea e palchi traboccano di violinisti e appassionati, giovani e meno giovani catalizzati fino al terzo bis sempre di Paganini, il n. 21 – di pura magia - e Gibboni non si fa pregare.

Due Melodie elegiache per archi di Edvard Grieg apre la seconda parte del concerto. Magnetico Cuore infranto, pieno e caldo il suono dei violini nell'Andante. Spostamenti d’accento caratterizzano la suite in stile antico Dai Tempi di Holberg di Grieg, nel rigaudon finale, che ricorda temi e atmosfere iniziali, un continuo rincorrersi tra gli archi,  con sovrapposizioni melodiche, temi incalzanti e staccati incedono fino alla fine strappando il grande applauso. Chiudono magistralmente il concerto due bis sempre di Edvard Grieg, Primo Incontro e dal Peer Gynt La Morte di Aase, struggente.  

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