Il viaggio a Reims: a quando l'uccisione del padre?

L'efficace umiltà di Daniele Gatti e un cast giovane e agguerritissimo finiscono per sottolineare ancor più - vista la continuità genetica - quanto "Il viaggio a Reims" sia legato (ormai forse in modo preoccupante) ai Padri della première 1984, Abbado e Ronconi in testa.

Recensione
classica
Teatro Comunale Bologna
Gioachino Rossini
24 Gennaio 2001
Quando non salterà più fuori la Marsigliese, citata durante la sfilata degli inni nazionali nel "Viaggio a Reims", questa cantata rossiniana iper restaurata (in ogni senso, a partire da quello post 1815) sarà finalmente passata a nuova vita, pronta ad altre regioni dell'orizzonte d'attesa del melomane a cavallo tra Novecento e Duemila. L'inno rivoluzionario, che in partitura ovviamente non c'è, lo volle Abbado e ormai - lo si ascolta sempre - sembra più vero del vero, più rossiniano di Rossini. È come la storia del rinoceronte di Dürer: i primi viaggiatori lo raccontavano corazzato a placche, e corazzato è rimasto, nell'immaginario collettivo. Il patrimonio genetico Abbado-Ronconi-Aulenti (per non dire Gasdia-Ricciarelli-Raimondi) del "Viaggio a Reims" rende abbastanza terribile l'idea di qualsiasi ripresa che, inevitabilmente, come accadde anche a Pesaro lo scorso anno, vada ovviamente e necessariamente e giustamente allontanandosi dalla mitica rinascita del 1984. A maggior ragione, quindi, merita attenta annotazione l'esito della première bolognese del "Viaggio", affidato a Daniele Gatti e a un cast giovane quanto appropriato. E tenendo conto che il concertato massimo del "Viaggio" (passato tosto al "Comte Ory") assomma a 14 voci, capirete che non è poco. La regia ronconiana ripresa da Tessitore continua a reggere, è un evergreen. Le note di maggiore interesse vengono dalla musica. Gatti è riuscito in un'operazione umile e difficile e meritevolissima, di fronte a partiture come questa: s'è immolato per la causa collettiva, ha guidato l'assieme con sicurezza assoluta e senza mai rischiare ciò che spesso gli è stato imputato, cioè di tenere troppo su l'orchestra. Esattezza interpretativa e gusto completavano una prova degna di segnalazione. Nel cast, su tutti l'imperioso carattere vocale di Juan Diego Florez (Libenskof) accanto ai più che adeguati Robert Gierlach e Lorenzo Regazzo, al timbratissimo e raffinato Don Alvaro di Pietro Spagnoli, al convincente Belfiore di Antonino Siragusa. Tra le donne, efficacissima la Corinna di Raffaella Angeletti, sempre in crescita e accorta interprete Francesca Provvisionato (Melibea), splendida in scena e vocalmente intelligente come sempre Anna Caterina Antonacci (Madama Cortese), ma soprattutto deliziosa e di mezzi già importanti, benché giovanissima, la Contessa di Desirée Rancatore.

Interpreti: Antonacci/Tsirakidis, Gierlach/Morace, Lepore, Angeletti/Norberg-Schulz, Provvisionato/Bienkowska, Rancatore/Filip

Regia: Luca Ronconi

Scene: Gae Aulenti

Costumi: Giovanna Buzzi

Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale

Direttore: Daniele Gatti

Coro: Coro del Teatro Comunale

Maestro Coro: Piero Monti

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