Il Toy Story distopico di Bieito alla Komische Oper

Il regista spagnolo Calixto Bieito firma il nuovo allestimento di Die Gezeichneten di Schreker alla Komische Oper di Berlino

Die Gezeichneten, Bieito alla Komische Oper Berlin
Foto di Iko Freese / drama-berlin.de
Recensione
classica
Komische Oper Berlin
Die Gezeichneten
21 Gennaio 2018

Un Toy Story distopico è Die Gezeichneten (I predestinati) secondo Calixto Bieito, il capolavoro di Franz Schreker andato in scena in un nuovo allestimento alla Komische Oper di Berlino. Non va molto per il sottile né si perde in sottigliezze psicologiche il regista catalano, che per raccontare la torbidissima vicenda imbocca decisamente la strada di una turpe vicenda di pedofilia consumata nell’isola di Elysium posseduta dall’aristocratico Alviano Salvago, di cui, più che la bruttezza, a Bieito interessa la sindrome di Peter Pan e le pulsioni pedofile appena represse.

La vera e propria ossessione per i minori si materializza in un accumulo di immagini di volti infantili proiettate sul proscenio ancora a sipario chiuso (i video di raffinato gusto onirico sono di Sarah Derendinger), di scorribande festose di segno ambiguo e di disturbanti apparizioni di sottomissione accanto ai nobili genovesi. Le carte si scoprono solo nel terzo atto, quando la scatola bianca schiacciata sul proscenio dei primi due atti finalmente si apre su un Elysium che dovrebbe essere il paradiso dei bambini con un profluvio di luci da luna park e giocattoli giganti (creati con esaltato gusto pop dalla scenografa Rebecca Ringst), che però celano giovani corpi straziati dalle violenze.

Meno risolto, tuttavia, appare il disegno dei personaggi “a senso unico” e con trovate non completamente convincenti: passi la Carlotta che si trasforma in bimbo per sedurre Alviano, ma perché far uccidere a lei l’amante Tamare e così azzerare la perversione di quell’attrazione fatale? Va riconosciuto che, malgrado la scelta del tema, Bieito svolge il racconto con un certo rigore e misura evitando corrive provocazioni o proclami di stampo moralistico (ognuno tragga la sua morale), ma inevitabilmente provoca più di un dissenso fra gli spettatori.

Bieito alla Komische Oper
Foto di Iko Freese - drama-berlin.de

Solo consensi entusiastici invece raccoglie l’esecuzione musicale guidata con piglio energico dal direttore Stefan Soltesz, di casa nel repertorio dei primi decenni del Novecento. Sicuramente di effetto il suo Schreker, ma un più attento controllo dei volumi orchestrali gioverebbe alla qualità complessiva dell’esecuzione e a una più equilibrata prova del cast vocale, messo già a dura prova da ruoli spesso ai limiti dello spettro della tavolozza espressiva. Se la cava comunque molto bene il trio dei festeggiatissimi protagonisti: Peter Hoare, un Alviano scosso dalle tensioni interiori, Ausrine Stundyte, Carlotta androgina e sessualmente promiscua, e Michael Nagy, un Tamare bello e dannato. Molto incisivo il sestetto degli aristocratici genovesi, perversi ma con misura (Adrian Strooper, Ivan Turšić, Tom Erik Lie, Johnathan McCullough, Önay Köse e Samuli Taskinen) così come i “politici” Jens Larsen (il podestà Nardi) e Joachim Goltz (Adorno) e lo stuolo di caratteristi tutti pertinenti. Breve ma molto incisivo l’intervento del Coro della Komische Oper con rinforzo del Vocalconsort di Berlino.

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