Poco altro repertorio come il Donizetti serio ha sempre dovuto confrontarsi con la difficoltà di una messinscena moderna: da un lato, la sgangheratezza dei libretti (e quello della Maria di Rohan non fa eccezione) fa venire voglia ai registi di alzare bandiera bianca e lasciar fare tutto alla musica; dall’altro, l’esclusiva focalizzazione sul canto dei tempi passati viene oggi vissuta con rigetto, ed ecco allora registi costretti a inventarsi qualcosa pur di non lasciare in mano l’opera agli interpreti. L’allestimento della Maria di Rohan al Bergamo Musica Festival ha il pregio di non cadere in nessuno dei precedenti pregiudizi, ma al tempo stesso non ne esce vittorioso: il regista Roberto Recchia, infatti, concepisce uno spettacolo interamente pensato attorno al Tempo come forza centripeta, da cui personaggi in costume e scene classiche che ruotano attorno ad un vortice senza epoca, come impossibili deviazioni della Storia destinate a soccombere. Purtroppo, a tale spunto scenico non corrisponde una risposta convinta dei cantanti in quanto attori: Recchia è un regista che ha sempre fatto del lavoro minuzioso sulla recitazione uno dei suoi cavalli di battaglia (Don Gregorio, Le convenienze e inconvenienze teatrali) ma qui l’eccessiva staticità e la goffaggine della maggior parte degli interpreti danno luogo ad uno spettacolo che alla fin fine risulta noioso se non, peggio ancora, vecchio. Peccato, perché l’opera di Donizetti è bellissima: la prima versione viennese del 1843, difatti, è di una asciuttezza e compattezza ragguardevoli, dove i numeri musicali sembrano scansare la retorica codificata del melodramma. Dirige Gregory Kunde, direttore e cantante: l’intenzione da uomo da palcoscenico navigato è evidente, lo stesso non si può dire dei risultati con l’orchestra. Dei cantanti, nessuno ci ha particolarmente convinti, e la protagonista Majella Cullagh è sembrata una Maria dal fraseggio e presenza scenica più da matrona che da cortigiana pasionaria.
Interpreti: Maria, contessa di Rohan: Majella Cullagh;
Riccardo, conte di Chalais: Salvatore Cordella;
Enrico, duca di Chevreuse: Marco di Felice;
De Fiesque: Aleksandar Stefanoski;
Aubry: Francesco Cortinovis;
Il visconte di Suze: Giuseppe Capoferri;
Regia: Roberto Recchia
Scene: Angelo Sala
Costumi: Angelo Sala (in collaborazione con gli allievi dell'Accademia Teatro alla Scala)
Orchestra: Orchestra del Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti
Direttore: Gregory Kunde
Coro: Coro del Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti
Maestro Coro: Fabio Tartari
Luci: Claudio Schmid
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