Il Beethoven di Argerich e Luisi per l’OSN Rai
Strepitoso successo per l’apertura di stagione
Il felicissimo incontro di Martha Argerich e Fabio Luisi con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dà vita a un’inaugurazione di stagione che è da annoverarsi tra i concerti che si ricorderanno per gli anni a venire. Il Primo Concerto in Do maggiore di Beethoven è tra i cavalli di battaglia della celebre pianista, questa sera più in forma che mai. L’attacco degli archi suona privo di retorica, dal suono limpidissimo e dalla chiara tessitura. Non appena Argerich appoggia le mani sulla tastiera, l’orchestra pare trasfigurata; lampante è la “chimica” tra solista, direttore e compagine sinfonica. Un “Allegro con brio” classicamente misurato, che si concede appena un po’ di grandeur poco prima della cadenza, è un incontro tra l’introversione della Argerich e la freddezza del gesto direttoriale di Luisi. Il “Largo” è un miracolo di levità, grazia e leggerezza: trillo e scale discendenti puntate del pianoforte, i sei accordi in pizzicato degli archi e chiusura in pianissimo del movimento materializzano quella sembra musica delle stelle, sovrumana, giunta da un altrove assai distante. Ma, come spesso accade in Beethoven, scarto repentino verso altra temperie (Argerich e Luisi optano per una corona di brevissima durata, quasi un “attacca subito” che fa sfociare il “Largo” direttamente nel “Rondò”): ruspante, di un’allegrezza campagnola, senza peso, bonaria, è quest’“Allegro scherzando” che porta in sala il fuoco, il temperamento saturnino di Beethoven.
Non meno illuminante il breve bis bachiano. Le Gavotte dalla Terza Suite Inglese, in sol minore, assai poco barocca: la seconda, specialmente, è come se non l’avessimo mai ascoltata prima, quasi fosse stata ricomposta da Ravel.
Segue la Quinta Sinfonia di Ciajkovskij per la quale Fabio Luisi sceglie tempi assai distesi nell’“Andante” iniziale, cupo e grave, trasformando poi quasi in marcia funebre l’“Andante cantabile”, ancora con gusto per le tinte fosche e il tragico, ma senza forzare la mano; un po’ pallido risuona invece il Valzer, “Allegro moderato”, più interessante la sezione nervosa e scattante. Nel Finale, che prescriverebbe un “Andante maestoso”, il direttore calca la mano nel rilievo delle masse (di ottoni specialmente) risultando, nell’insieme, un po’ pesante.
Successo di pubblico e botteghino (le due serate del concerto ottengono un doppio sold out) senza riserve che ha tributato il consueto affetto alla pianista, al direttore che qui è di casa e all’Orchestra nazionale.
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