Haendel in salsa mozartiana

Acis and Galatea, pastorale in due atti di Haendel nell'orchestrazione di Mozart, è andato in scena con buon successo al Marrucino di Chieti in una coproduzione col circuito CittàLirica: ben risolte dalla regia le ambivalenze della partitura in coerenti elementi scenografici, l'allestimento ha convinto soprattutto nella prova della direzione e dell'orchestra e in alcuni elementi del cast vocale.

Recensione
classica
Teatro Marrucino CHIETI
Georg Friedrich Haendel. (orchestrazione W. A. Mozart, K566)
22 Dicembre 2004
Al Marrucino di Chieti, teatro di tradizione di fresca nomina, approda una co-produzione insieme ai teatri toscani del circuito CittàLirica: questa "Acis and Galatea" appena battezzata a Pisa non è la versione prima della pastorale di Haendel su libretto di John Gay (1731) solo per l'orchestrazione, che è quella confezionata da Mozart per il barone van Swieten nel 1788, giacché la lingua delle parti vocali rimane l'inglese dell'originale. Dunque, in organico, anche doppi clarinetti, fagotti e corni, che Mozart sfrutta a dovere per ri-creare un colore diverso dall'originale: molti passaggi solistici degli oboi sono passati ai clarinetti, e la colonne d'harmonie si scava tasselli dal colore brunito in vari angoli della partitura. L'equilibrismo tra due epoche linguistiche viene tentato anche dal regista Stefano Vizioli, che riesce tutto sommato bene nell'impresa: costumi e gesti sobri (d'altronde, come al solito, nella prima parte di queste pastorali mitologiche non succede nulla se non il gioco d'amore tra gli amanti di lì a poco sventurati...), pochi segni scenici, alcuni ben risolti, soprattutto nel secondo atto, fondali e quinte di gusto più barocco (quasi in "prospettiva temporale-stilistica"), qualche proiezione che gira un po' a vuoto... Le voci sono complessivamente corrette e ben preparate, ma alcune si fanno preferire per qualità complessiva (Donat Havar, in particolare) o per potenzialità da far crescere (Abramo Rosalen). Il coro è un piccolo ensemble di solisti, e in alcuni punti lo dà a sentire per perfettibilità dell'insieme con la buca; ma, essendogli toccate le pagine più impegnative e fascinose della partitura, la prova può considerarsi positiva, e ancor più positiva quella dell'Orchestra CittàLirica guidata, con gesto ben calibrato, da Jonathan Webb: ora fluida, ora tensiva, la conduzione estrae dall'orchestra un suono sempre pastoso e scolpito, intelligentemente lontano dal cercare barocchismi filologici pur di centrare un'ottima pulizia, solo in pochissimi punti bisognoso di qualche cura in più. Pubblico discretamente numeroso e calorosamente plaudente, per essere quello di un teatro lirico che finora ha percorso la corsia preferenziale del melodramma.

Note: una coproduzione: Teatro Verdi di Pisa, Teatro di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Marrucino di Chieti

Interpreti: Galatea: Emanuela Tesh / Paola Leggeri Acis: Donat Havar / Juan Francisco Gatell Abre Damon: Pablo Cameselle Polyphemus: Abramo Rosalen

Regia: Stefano Vizioli

Scene: Lorenzo Cutuli

Costumi: Anne Marie Heinreich

Orchestra: Orchestra CittàLirica

Direttore: Jonathan Webb

Coro: Coro CittàLirica

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