Giustizia per Interactivo

Il collettivo cubano a Latinoamericando

Recensione
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Se ci fosse giustizia a questo mondo "Si no llego a manana (Que no cierre el club)" sarebbe diventata un hit internazionale, e sarebbe considerata, come è, una delle più belle canzoni d'amore degli ultimi dieci anni: atmosfera di romanticismo struggente, parlato femminile di una impagabile sensualità squisitamente cubana, ritornello-canaglia ("Que no cierre el club..."), metafora sulla morte... "Que no cierre el club" è apparso nel 2005 nel primo album di Interactivo, Goza Pepillo (è da poco uscito Cubanos por el mundo, sempre per l'etichetta cubana Bis music).
Se ci fosse giustizia a questo mondo, Interactivo avrebbe il successo che merita: domenica sera, a Latinoamericando, abbiamo avuto la conferma che un mondo giusto è ancora lontanuccio: non certo il pienone che tanti gruppi cubani fanno in questo microcosmo latino che con l'estate si materializza alle porte di Milano. Interactivo nasce nel 2001 non con la filosofia della "all stars", ma con quella di un collettivo, ma comunque allineando alcune delle figure chiave della nuova generazione della musica dell'Avana, con la leadership del pianista e tastierista Roberto Carcassés: la cantante, chitarrista e bassista Yusa, la rapper-poetessa Telmary, il cantante e chitarrista William Vivanco. Nei primi anni Duemila Carcassés, Yusa, Telmary e Vivanco avevano già una carriera ciascuno per proprio conto, e hanno continuato a portarla avanti, proseguendo però al contempo con Interactivo, malgrado anche Telmary da qualche anno risieda in Canada. Sul palco di Latinoamericando, Interactivo schiera una frontline di vocalist con Francis del Rio, Vivanco, Telmary e Melvis (che rimpiazza Yusa), Carcassés alle tastiere, Julio Padron alla tromba, trombone, e poi - con strumentisti molto giovani, fra i quali alcuni che lavorano correntemente con Silvio Rodriguez - chitarra, basso, batteria e congas. Cominciano con un pezzo funk-rap; con quella sua voce all'uranio impoverito (è lei la protagonista femminile di "Que no cierre il club"), Telmary spara micidiali mitragliate di parole, o quando gli altri vocalist vanno all'unisono si stacca in una sorta di sabroso commento-controcanto. In un pezzo che inizia come una rumba e evolve come un son, ma con delle forti inflessioni rock, Padron si mette anche a cantare; alla tromba ha un suono caldo, vissuto, fa dei sovracuti eleganti, senza strafare: ha lavorato fra gli altri con Adalberto Alvarez e con Chucho Valdes, ed è uno dei più apprezzati trombettisti cubani. Poi un brano con un giro di basso e tastiere di esaltante ridezza funk. Quindi una rumba con Vivanco alla chitarra acustica. Francis del Rio attacca un canto la cui matrice è nella tradizione yoruba riversatasi nella religiosità afrocubana; del Rio è bianco, ha una faccia un po' alla Robert De Niro, ma è uno di quei cubani bianchi che hanno profondamente interiorizzato l'Africa, ha una voce forte, di carattere, e senti nel suo modo di cantare quel processo di autoesaltazione, di autosuperamento, di uno che è preso dalla musica: se trovi qualcuno che canta così in una cerimonia di santeria ti manda fuori in cinque minuti. In una versione molto funk-rock rifanno "Marilu", canzone anni Settanta di Los Van Van. Poi un brano allegro il cui impianto di base - ritmo e chitarra - è rumba pura, non cubana però, ma - si direbbe – congo-zairese. Kumar, giovane cubano che vive in Spagna, arriva a dare manforte come guest, rappando assieme a Telmary in un brano poderosamente funk, che il dj che lo accompagna irrora generosamente di scratch. E, ancora, "Que equivoca'o", inno antimaschilista di Telmary. E, finalmente, dopo averlo fatto sospirare per tutto il concerto, "Que no cierre el club" come bis.

Come si sarà capito Interactivo non corrisponde al cliché gerontofilo di Buena Vista e nemmeno agli stilemi delle formazioni cubane da ballo di post-timba. Ecco perchè è un gruppo coraggioso e perchè non ha il successo che meriterebbe.

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