Edipo a Bologna
L’opera di Stravinskij con la regia di Lavia e la direzione di Lyniv
09 ottobre 2025 • 4 minuti di lettura
Comunale Noveau, Bologna
Oedipus Rex
07/10/2025 - 12/10/2025Dopo ben 57 anni, a Bologna ritorna “Oedipus Rex” di Igor’ Stravinskij su libretto di Jean Cocteau, in una serata invero interamente incentrata sull’omonima tragedia di Sofocle. Infatti, prima che il sipario del Comunale Nouveau rivelasse il nuovo ed efficace allestimento curato da Gabriele Lavia, la direttrice Oksana Lyniv è salita sul podio per condurre l’esecuzione dei “Tre preludi sinfonici per orchestra per l’Edipo Re di Sofocle” di Ildebrando Pizzetti, accompagnati dalla proiezione di alcune immagini del cinematografico “Edipo Re” di Pasolini.
I tre preludi, inizialmente concepiti come intermezzi per la rappresentazione scenica della tragedia sofoclea sul palco del Teatro Olimpia di Milano nel 1904, costituiscono la prima opera orchestrale del compositore parmigiano. Presentati per la prima volta in un concerto all’Augusteo di Roma nel 1914, i tre brani raccontano primariamente le emozioni dei personaggi del dramma greco, piuttosto che gli eventi in cui esso si sviluppa. Lyniv ha restituito compiutamente i differenti caratteri dei preludi, esaltando la musicalità degli archi nel “Largo” (sulla desolazione di Tebe nell’affrontare l’incombente cataclisma), facendo riverberare gli spasmi ritmici del secondo brano “Con impeto” (sulla disperazione di Edipo dopo aver appreso la nefasta profezia dell’oracolo) e bilanciando drammaticamente gli scarti timbrici tra le sezioni orchestrali nell’ultimo “Con molta espressione di dolore” (sul peso della colpa parricida e incestuosa dell’eroe).
Dopo l’intervallo, si è aperto il sipario: la testa della Sfinge giace abbandonata sul lato sinistro del palcoscenico, mentre su quello opposto troneggiano le vestigia dell’antica porta di Tebe; al centro, le numerose sedie per accogliere il ricco coro maschile, personaggio a tutti gli effetti, sono schiacciate (con l’ottimo risultato di ridurre significativamente l’altezza del palcoscenico, quasi a mo’ di ineludibile gabbia dell’inconscio) dai fusti dei faretti che riquadrano l’intera scena e ne denunciano la natura metatestuale e, conseguentemente, anti-rappresentativa. Nel rispetto delle intenzioni di Stravinskij, Lavia ha adottato una messinscena che è esplicitamente il racconto del racconto del mito, con lo stesso regista chiamato a interpretare il Narratore, colui che guida il pubblico – azzerando la distanza tra finzione e realtà – nei meandri della trama dell’opera, scritta interamente in latino arcaico (la traduzione dal francese di Cocteau fu affidata a Jean Daniélou). Tuttavia, sebbene gli intenti programmatici del compositore russo non siano traditi, la regia di Lavia rifugge l’estrema fissità monumentale e mitico-arcaica nei movimenti degli attori, come voluto dall’autore della musica; una scelta rivelatasi assolutamente vincente, considerando la buona intensità drammatica raggiunta dallo spettacolo in generale.
Sul fronte musicale, un cast ben amalgamato è stato in grado di domare una partitura così complessa sia vocalmente, sia scenicamente. È evidente che l’opera di Stravinskij, rappresentando uno degli esiti più felici del suo periodo neoclassico, richieda agli interpreti una versatilità canora e, considerando anche l’aspetto della recitazione, vocale non indifferente. Infatti, la partitura sviluppa la linea del canto secondo prospettive variabili e spesso sovrapposte, dalla declamazione ritmica allo stile vocale settecentesco, dal canto melismatico alla recitazione “urlata” degli episodi più tragici.
Da questo punto di vista, Gianluca Terranova è stato scenicamente molto abile nel vestire i panni di Edipo, esibendo uno strumento dal timbro limpido, dall’emissione chiara e dalla intonazione levigata, soprattutto nel registro acuto, e trovando sempre il giusto equilibrio interpretativo tra i momenti più introspettivi e quelli più concitati. Sorin Coliban si è distinto grazie alla sua ricca e ben proiettata voce da basso profondo, conferendo a Tiresia il giusto carattere ieratico. Atala Schlöck ha saputo destreggiarsi in un ruolo tecnicamente impervio e, seppur con un vibrato a tratti un po’ ingombrante, ha dato vita a una Giocasta affascinante e intensa (in particolare nel duetto con Edipo nel secondo atto). Chiudono il cast gli ottimi Anton Keremidtchev nel doppio ruolo di Creonte e del Messaggero e Sven Hjörleifsson nei panni del Pastore. Menzione a parte per il coro del Comunale preparato da Gea Garatti Ansini, che ha sfoggiato una linea vocale omogenea e una notevole attenzione alle sfumature dinamiche dello spartito.
Oksana Lyniv ha diretto l’orchestra del Comunale, dal suono corposo e nitido, con grande capacità ritmica e agogica, adottando, come suo solito, un piacevole piglio sinfonico ed enfatizzando la modernità musicale della composizione di Stravinskij.
Il pubblico della Prima, non troppo numeroso (probabilmente a causa della poca notorietà e dell’inavvicinabilità dell’opera), ha salutato tutti gli artisti con applausi concordi e cortesi al termine di una serata decisamente interessante dal punto di vista intellettuale