Ed Elettra non danzò

Scarno e povero l'impianto registico e scenografico, fatto un po' in economia e senza idee di rilievo. Disomogenea la compagnia di canto con una sostituzione dell'ultimo momento della Behrens con Sarah Johannsen (che avrebbe dovuto fare le ultime due recite in cartellone), non entusiasmante. Efficaci La Runkel in Clitennestra e Linn in Oreste. Di rilievo la direzione d'orchestra di Christian Arming.

Recensione
classica
Teatro Filarmonico Verona
Richard Strauss
24 Gennaio 2003
Essenziale e stilizzato lo scenario della reggia degli Atridi di Micene: una scalinata su cui poggiano, assemblati in maniera irregolare, cubi e parallelepipedi, quasi resti archeologici presi dall'Arena veronese; effetti di luce, con scorrere di nuvole, dai toni più cupi e bui ai più algidi, mentre sullo sfondo, di tanto in tanto fa capolino un'astratta e sbiadita luce verdina di luna piena. E' tutto. Sull'essenzialità dell'impianto scenografico di Raffaele de Savio (dettato anche, probabilmente, dall'esigenza di risparmiare) e di un timido e scontato lavoro di luci, la regia di Ivo Guerra non riesce a configurare quel quadro di tensioni e conflitti lancinanti che scaturiscono dal testo di Hofmansthal. Ciascuno pare muoversi come gli pare, protagonisti e comparse, la recitazione e la caratterizzazione dei personaggi si profila così disomogenea. Incolore e non senza incertezze vocali l'Elektra di Sarah Johannsen (che ha sostituito all'ultimo momento la Behrens), riesce bene nell'urlo ma su altri registri è debole; e se alla fine Elettra nella sua tensione e voglia di danzare, sceglie di stare immobile per poi stramazzare a terra, ciò che viene a mancare è la tensione alla tanto desiderata danza di morte, con un effetto molto statico. Efficace e convincente la Clitennestra di Reinhild Runkel, dai colori vocali a tratti aspri, a tratti caldi, per poi esibire una vocalità robusta e sostenuta, con accenti e inflessioni fortemente espressionistici; un'interpretazione che ha enfatizzato aspetti più grotteschi, quasi caricaturali, della crudele regina, una sorta di Maga Magò, una fattucchiera allucinata e isterica. La Crisotemide di Elisabeth Meyer-Topsoe, vocalmente a posto, si è presentata con un'impronta quasi più decisa della stessa Elettra, senza troppo lasciarsi andare a svenevolezze. Caldo e sicuro il timbro di Jurgen Linn, ottimo Oreste. Nonostante le disomogeneità la compagnia di canto nel corso della rappresentazione è riuscita a far sentire buoni momenti d'insieme, di espansione lirica, specie verso il finale. Grande merito per questa impresa va al giovane direttore Christian Arming, che aveva già avuto modo di farsi notare a Verona alcuni anni fa, con Salome: una notevole tenuta capacità di far emergere un colore orchestrale incisivo ed efficace, con una compagine poco avvezza sui territori dell'intricato sinfonismo straussiano. Rigoroso e preciso nel gesto, assolutamente non enfatico, con la scelta interpretativa, quasi asciutta, di non eccedere, sia nel fragore sia nelle espansioni liriche più tese, con il risultato di conferire all'esecuzione un'indubbia coerenza e linearità. Sicuramente il più applaudito e osannato dal pubblico.

Interpreti: Sarah Johannsen, Reinhild Runkel, Elisabeth Meyer-Topsoe, Jurgen Linn

Regia: Ivo Guerra

Scene: Raffaele de Savio

Direttore: Christian Arming

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