Due “operine tascabili” in prima assoluta

Il festival Nuovi Spazi Musicali di Ascoli ha messo in scena due atti unici di Di Pofi/D’Alò e Carnini/Cappelletto

 La Filarmonica 
 La Filarmonica 
Recensione
Foyer del Teatro Ventidio Basso, Ascoli
Nuovi Spazi Musicali
09 Ottobre 2018

L’opera è morta? Non si direbbe proprio, a giudicare dai cartelloni dei teatri stranieri. A giudicare da quel che succede in Italia – più precisamente nelle fondazioni liriche italiane - sembrerebbe invece che da un secolo in qua l’opera sia effettivamente morta, o in agonia. Ma anche nell’ex paese del melodramma la passione per l’opera resiste, cova sotto la cenere e dà ancora qualche fiammata, se le si dà un po’ di ossigeno. Per uscire di metafora, un festival di ragguardevole tradizione ma di mezzi finanziari meno ragguardevoli, qual è Nuovi Spazi Musicali, ha preso il coraggio di rappresentare in prima assoluta due opere ed è riuscito a riempire la sala con un pubblico assolutamente “normale”, che evidentemente non nutriva alcun pregiudizio verso la musica contemporanea, ma anzi era molto interessato, si è molto divertito e alla fine ha applaudito con convinzione. L’idea della direttrice artistica Ada Gentile è stata di aggirare i problemi economici commissionando delle “operine tascabili” a due team formati ciascuno da compositore e librettista.

Unici vincoli erano l’argomento comico, l’organico limitato (due cantanti, un’attrice e un piccolissimo gruppo strumentale) e le scene ridotte al minimo, tanto che in Romeo e Giulietta (oscenaamorosa) - definito dagli autori “scartafaccio mezzo improvvisato” - in luogo del verone di Giulietta ci si doveva accontentare di un tavolino con due piantine in vaso. Come il compositore Antonio Di Pofi e il librettista Giovanni D’Alò hanno spiegato al pubblico in attesa che la rappresentazione cominciasse, l’amore è l’argomento che da sempre poeti e musicisti hanno cantato e quindi anche loro non volevano essere da meno e si sono quindi rifatti alla coppia d’innamorati più famosa del teatro di ogni tempo. Però qualcosa è andato storto. Stavano ancora parlando, quando un’agitatissima signora dell’organizzazione li ha interrotti per dire che i cantanti erano bloccati in un maxi ingorgo sull’autostrada e non sarebbero mai riusciti ad arrivare in tempo. Ma non ci si è persi d’animo e si sono invitati due spettatori a sostituirli, tanto chi è che non conosce la scena del balcone del Romeo e Giulietta? La situazione sembrava in qualche modo risolta, senonché Giulietta si è calata troppo nella parte, innamorandosi del suo Romeo, e ha pensato di concludere subito, portandoselo dietro le quinte. Tornati un po’ in disordine in palcoscenico, non gli viene in mente di fare subito il bis? Il compositore, che è anche il direttore, cerca di adattare estemporaneamente la sua musica agli imprevisti a catena e tra sorprese e interruzioni riesce in qualche modo ad andare avanti, senza perdere il ritmo, anche perché la musica è basata principalmente sul ritmo, spesso proprio su ritmi di danza, fino a un trascinante tango finale. Ma Di Pofi inserisce anche due citazioni un po’ ironiche delle musiche di Nino Rota per il Romeo e Giulietta di Zeffirelli. E, quando i due protagonisti si appartano per amplessi presumibilmente focosissimi, si scatena in intermezzi strumentali di violenza rumoristica, che ricordano quelli di Šostakovičin situazioni più o meno analoghe della sua Lady Macbeth. Tutto è molto divertente, disinibito, esilarante. Non so se mai ci si sia divertiti tanto ascoltando un’opera (e per di piùun’opera contemporanea): risultato da non sottovalutare assolutamente, perché si sa che far ridere è più difficile che sollecitare il sentimentalismo e richiede meccanismi perfetti.

Seguiva La Filarmonica di Daniele Carnini su libretto di Sandro Cappelletto. Qui più che sulla comicità scatenata, si gioca su un umorismo assurdo, grottesco, surreale. Siamo esattamente cento anni fa, negli ultimi giorni della Grande Guerra, e in una Filarmonica di provincia giunge la notizia della morte al fronte di un socio. È doveroso ricordarlo con un Requiem, ma si scatena la rivalità tra i filarmonici per chi avrà il compito di comporne la musica e che di cantarlo. Insomma nella morte del poveretto si vede soltanto una fortunata occasione per mettersi in mostra. Ma a por fine alle rivalità e ai bisticci ricompare inaspettatamente il defunto, lasciando però nel vago se si tratti di un fantasma o se la notizia della sua morte fosse falsa. Una satira divertente e feroce, ma anche amara, che raggiunge il suo apice in un aspro e violento monologo contro la guerra.

Entrambe queste “operine tascabili” sono state salutate da un grande successo, che fa sperare in repliche in altre città, dopo quella di Ascoli

Ottimi gli interpreti. L’attrice Pamela Olivieri conduceva il gioco, impadronendosi della scena e magnetizzando gli spettatori con la sua verve scenica e la sua simpatia. Molto bravi i cantanti Annalisa Di Ciccio e Andrea Tabili, che passano da un personaggio all’altro incarnandoli tutti perfettamente. Impeccabili i cinque strumentisti, che erano diretti dai compositori stessi.