Don Giovanni grandioso ma non grande
Un Don Giovanni di alto livello, ma a cui sfuggono alcuni aspetti fondamentali dell'opera.
Recensione
classica
Nelle intenzioni di Franco Zeffirelli, le pesanti architetture barocche degli interni e gli spazi esterni aperti su prospettive infinite servono a creare un senso d'oppressione che faccia apparire i personaggi schiacciati dal un cupo fato. Ma tutto questo diventa soltanto una cornice grandiosa e vuota in presenza d'una regia che si limita a seguire fedelmente il testo, con indiscutibile senso teatrale, ma senza approfondire, anzi facendosi completamente sfuggire alcuni aspetti fondamentali, come il rapporto di Don Giovanni con Leporello e la sua sfida finale all'aldilà.
È subito chiaro che Hubert Soudant conosce bene Mozart ma i tempi sono lenti, lentissimi: questo non significa aperture metafisiche e implacabile tragicità, anzi è un Mozart all'acqua di rose. Cornice sovradimensionata e direzione senza nerbo teatrale non aiutano i protagonisti. Marco Vinco ha la presenza scenica di Don Giovanni (anche gli splendidi costumi di Anna Anni contribuiscono) ma non la personalità (o è la voce a mancare di fascino e d'autorità?). Alessandro Corbelli è perfetto, se si considera Leporello l'erede del tipico servitore d'opera buffa, ma non se vi si vede una sorta d'alter ego popolaresco di Don Giovanni, in cui lampeggiano i riflessi del demoniaco padrone. Mariella Devia è una Donna Anna sublime ma non tira fuori le unghie e gioca un po' al risparmio (l'assoluta padronanza tecnica le consente tutto, ma gli anni passano) mentre Darina Takova è una Donna Elvira che spinge anche troppo e talvolta è un po' troppo passionale e incontrollata. Raul Gimenez canta le due arie di Don Ottavio con estatica perfezione. Bene la coppia contadina di Gianpiero Ruggeri e Laura Cherici. In conclusione, questo Don Giovanni non passerà alla storia ma si colloca a un livello decisamente alto.
Note: Allestimento del Teatro dell'Opera di Roma originalmente creato e presentato del Metropolitan Opera
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