Combinazioni rituali contemporanee

Recensione
classica
Corpi del Suono 2003 L'Aquila
Antonio Doro
21 Dicembre 2003
Che un "Attitidu" – pianto rituale sardo per i morti ma composto oggi e dedicato a Pietro Sassu, etnomusicologo isolano scomparso - si avvalga principalmente di strumenti ricavati da "pietre" e sia eseguito alle pendici del Gran "Sasso", cioè a L'Aquila, potrebbe essere considerata ironia della sorte, ma forse si tratta d'una combinazione di parole che pure qualche attinenza con la natura di questo brano sembra averla. Parliamo dell'evento conclusivo del Festival Corpi del Suono 2003, che si è tenuto nell'Auditorium dell'Accademia di Belle Arti aquilana, e, trattandosi di musica contemporanea, chiariamo subito che non era una prima esecuzione assoluta, ma una terza – "Attitidu" era già stato il 7 settembre a Sassari e 13 ad Assisi. Nondimeno, cambiamenti e sulla musica e sul testo si erano prodotti nel frattempo, e solo ora gli autori considerano la forma grosso modo stabile. Primo ad aggiungere alcune cose era stato l'autore delle parole Gavino Ledda, e qui parole e autore vanno intesi in senso proprio: Ledda inventa veri e propri lemmi, partendo dall'allitterazione e combinazione di parole reali, esaltando la componente fonica e sonora della voce, e riducendo del pari la funzione di comunicazione. "E e in .... Terra e acqua e vivi e vivi [... oppure in lingua sarda] chèrbos (cervi) cherbías e chèeerbos ischèrbos..." (quest'ultimo nel senso di "non cervi"). Parole, anche nuove, tra loro legate dal suono "e" sempre inteso come congiunzione e mai come copula, un vocabolario perciò irto di collegamenti se si vuole simbolici o addirittura magici. Ecco il punto di partenza per un'esplorazione musicale di Antonio Doro sulla "e", suono che assolve veramente il ruolo di leitmotiv dell' "Attitidu", sfarfallando sul resto del testo una scomposizione di tutti i fonemi: suoni di gorgia, colpi di glottide, respiri, ansimi. Si aggiunga che Doro, pur usando tecniche della musica popolare, per dire la microvariazione, si risparmia a qualsiasi citazione del materiale melodico o armonico del folclore sardo. Gli interpreti hanno dato prova avvincente, cosa da non sottovalutare affatto quando si parla di musica contemporanea, tesa e compatta. Particolarmente fascinose le sonorità dei cantaghes, strumenti ricavati da pietre, che pur ricordando alla lontana quelli di Sciola erano costruiti espressamente per "Attitidu". Molto ben amalgamate le voci tra attori e cantanti, cosa di cui va reso merito certo al compositore, ma anche agli esecutori. Resta qualche perplessità sulla messa in scena, ispirata alle movenze del pianto rituale, forse non sviluppata a pieno, ma va tenuto conto che era stata pensata inizialmente per la vastità di uno spazio all'aperto.

Interpreti: Attori: Emanuele Floris, Antonio Luvinetti, Alessandra Spiga, Marina Serra, Teresa Soro; Soprani:         Maria Teresa Pasta, Anna Luisa Scano; Flauto basso: Stefano Mancini; Percussioni: Andrea Bini, Francesco Ciminiello, Luca Piana; Realizzazione informatica e live electronics: Paolo Carboni

Direttore: Pio Salotto, Gabriele Verdinelli

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