Biografie parallele

Dalla versione scenica di Guth scaturisce un Messiah dai molti lati sconosciuti

Recensione
classica
Theater an der Wien Vienna
Haendel
03 Aprile 2009
Il Messiah non ha una vera trama. Il suo testo è piuttosto una riflessione sulla figura – non concreta – del redentore e sul ruolo della redenzione. L’idea di una versione in forma scenica di questo oratorio sembrerebbe quindi una sfida persa in partenza. Chi ne avesse la possibilità potrà guardare il 13 aprile sulla rete televisiva Arte la trasmissione completa di questo allestimento e rendersi conto del contrario. Sono scelte apparentemente arbitrarie a guidare la resa scenica di Guth, che inventa una trama parallela costruita sulle situazioni emozionali che portano l’essere umano a porsi domande metafisiche e a rivolgersi a un dio. I solisti interpretano tre uomini, forse fratelli, e le loro famiglie. Uno di loro, reso da un ballerino, si suicida. La storia parte dal funerale, ma in una serie di flashback si va a ritroso per poi giungere nuovamente alla stessa scena e continuare, con il ballerino a interpretare a seconda delle situazioni un personaggio morto o vivo. Il pubblico viene posto di fronte ai motivi e alle conseguenze di questo gesto estremo, alle reazioni dei familiari, a tradimenti, sensi di colpa e, infine, alla speranza di redenzione. L’impatto scenico è molto forte, rimane impresso. In tale dimensione drammatica la partitura di Händel assume nuovi contorni. Il cast viennese è eccezionale: la differenziazione dinamica e i piano mozzafiato di Gritton e Horak; il parossismo espressivo ma non spropositato di Metha; l’incisività e intensità scenica di Croft e Boesch; il coro in grado di trasmettere la trasparenza polifonica nonostante i movimenti scenici e le coreografie. Gli interpreti devono agire teatralmente e la dimensione vocale ne risente. Anche l’orchestra ha ricercato l’effetto drammatico, come a voler fare un’opera di un oratorio.

Note: Cooproduzione con L'Opéra National de Lorraine Nancy Drammaturgia: Konrad Kuhn

Interpreti: Susan Gritton, Cornelia Horak, Martin Pöllmann, Richard Croft, Bejun Mehta, Florian Boesch. Ballerino: Paul Lorenger Interprete in lingua dei segni: Nadia Kichler

Regia: Claus Guth

Scene: Christian Schmidt

Costumi: Christian Schmidt

Coreografo: Ramses Sigl

Orchestra: Ensemble Matheus

Direttore: Jean-Christophe Spinosi

Coro: Arnold Schoenberg Chor

Maestro Coro: Erwin Ortner

Luci: Jürgen Hoffmann

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Bologna: il nuovo allestimento operistico dell’Orchestra Senzaspine ha debuttato al Teatro Duse

classica

Successo per Beethoven trascritto da Liszt al Lucca Classica Music Festival

classica

Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo