Barocchissimi concerti a Bayreuth
Alla sua quarta edizione, il Bayreuth Baroque Opera Festival valorizza il turismo di prossimità con concerti sul territorio
Per quanto sia universalmente conosciuta come la patria del teatro Wagneriano, con il suo Festspielhaus che incombe su Bayreuth, in realtà la cittadina – con il suo Teatro dell’Opera dei Margravi, l’Eremitage, il Palazzo Nuovo, Sanspareil e tutto un fiorire di castelli e residenze nei dintorni – è un gioiello del barocco bavarese. Ed è proprio qui che ormai da quattro edizioni si svolge un festival dedicato al barocco musicale: il Bayreuth Baroque Opera Festival. Per la direzione artistica di Max Emanuel Cencic, dieci giorni di opere (quest’anno erano due, il Flavio re de’ Longobardi di Handel e un Orfeo con live electonics dall’originale monteverdiano [leggi qui la recensione]), concerti, cene e pranzi di gala, programmi curati, il tutto condito da approfondimenti storici e dettagli nelle selezioni, che sia nella scelta dei programmi o dei menù gastronomici.
Il festival valorizza molto anche i luoghi del territorio, non solo il bellissimo teatro. La protestante Ordenskirche St.Georgen è una chiesa che per chi è abituato all’austerità tutta cattolica stupisce: si configura strutturalmente come un abbraccio, in cui non appare sconveniente eseguire anche brani profani. Il primo concerto a cui assistiamo qui è un programma di Véronique Gens accompagnata dall’ensemble Les Suprises diretta da Louis-Noël Bestion de Camboulas, tutto dedicato e a brani tratti da notissime tragédie lyrique francesi. Brani di Lully, Charpentier e Desmarest soprattutto, selezionati con un doppio criterio: che fossero brani scritti per due note cantanti alla corte di Luigi XIV, ovvero Mademoiselle Saint-Christophe e Marie Le Rochois, e che fossero adatti a costruire un percorso drammaturgico. Il concerto è infatti un vero e proprio “pasticcio operistico” suddiviso in cinque sezioni denominate come “atti” in un crescendo di intensità emotiva: allo scopo, tra le percussioni dell’ensemble c’erano addirittura macchine del suono solitamente usate in teatro, che creavano veri e propri effetti speciali di lampi ed altri fenomeni atmosferici. Véronique Gens è elegantissima nel suo abito a stampe floreali giallo e nero, così come nel suo stile esecutivo. Con il repertorio selezionato (non a caso perfetto per la sua verve) percorre tutti gli stati d’animo delineati dagli autori con perizia e precisione, oltre a una grande proprietà gli accenti e della prosodia.
Bruno De Sá (Foto Bayreuth Media)
La stessa location ospita anche un concerto di Bruno De Sá con Dimitris Karakantas e l’ensemble Nuovo Barocco. Lo stile è quello del “candlelight concert”, accentuato da una grandissima quantità di ceri, candelieri e lampade, soli ad illuminare la sala altrimenti a luci spente. Il concerto, esaurissimo e senza posti assegnati, già più di un’ora prima dell’inizio aveva una lunghissima fila fuori per accaparrarsi i posti migliori. Il nutrito programma, dedicato alla tradizione musicale della cosiddetta “scuola napoletana” prevedeva brani di autori come Scarlatti, Vinci, Pergolesi, Durante, Porpora, Hasse, Riccardo Broschi, una selezione che punta a stupire con brani difficilissimi, cui erano interpolati intermezzi solo strumentali di sinfonie e concerti, tra cui un energico concerto di Durante (con un notevole Presto).
Divo nel suo ruolo, nel suo sobrio tailleur chiaro che sottolinea i vezzi nei movimenti corporei, Bruno De Sá interpreta le arie con perizia tecnica e un certo distacco dal testo, e dà il suo meglio nelle arie infuriate, agili, con iperornamenti d’invenzione. Dall’estensione amplissima, non appena supera il passaggio, il suo timbro è cristallino nei sovracuti. Quello che affascina in lui è proprio il suo timbro naturalmente acuto di sopranista (ovvero la cui voce è naturalmente acuta, a differenza di quella controtenorile che è il risultato di uno sforzo muscolare dell’apparato fonatorio che “accorcia” le corde vocali). Il concerto termina in un tripudio di pubblico e ben tre bis.
Maayan Licht (Foto Bayreuth Media)
Di particolare rilavanza è stato un concerto barocchissimo che più barocco non si può con il Duo Zeffiretti, costituito dal controtenore Maayan Licht e da Guy Maori al cembalo. Nel meraviglioso palazzo dell’Eremitage, era una serata organizzata a tutto tondo: un aperitivo con vista giardino nell’abbraccio di statue e fontane, una cena in quella che era l’Orangerie, e a seguire, poco prima del tramonto, il concerto a lume di candela, eseguito in un tempietto circolare (il Sonnentempel, solitamente non visitabile ma aperto per occasioni speciali), che con i suoi meno di 40 posti a sedere è tanto riservato e intimo quanto esclusivo.
Quella di Maayan Licht è una voce di controtenore dalla rara estensione di soprano, e se c’è qualche imprecisione negli accenti e nella pronuncia dell’italiano, gli vengono perdonate per il timbro luminoso, per le agilità snocciolate rapidissime, per il soffermarsi nei tratti patetici, per le messe di voce equilibrate (che l’eco del luogo amplifica con grazia), oltre che per il suo personalissimo carisma scenico, con cui catalizza il coinvolgimento del pubblico anche con le ammiccanti e divertenti introduzioni che il cantante (insieme al cembalista) fanno prima di ogni brano, rendendo il concerto un vero e proprio show senza interruzioni.
Protagonista anche il costume del cantante (una camicia di vaporosissimo tulle lilla tempestato di brillanti, pantaloni e corsetto di seta verde chiaro), un design customizzato di Rosalie Boonstra, con dettagli legati al programma: così come le fibbie delle scarpe in forma di farfalla sono pensate in onore a Giacinto Fontana detto Il Farfallino (uno dei castrati per cui fu composta una delle arie in programma, specializzato in ruoli femminili), le aperture delle falde dei pantaloni vogliono richiamare quelle ali ai piedi evocate nell’aria di Handel “Venti, turbini, prestate le vostre ali a questo piè!”. Sia nel costume, sia nella giustapposizione dei brani, vi è una precisa volontà del controtenore stesso di intercambiare fluidamente mascolinità e femminilità, esplicitata anche quando ammicca «Ora sono Rinaldo, e ora Almirena».
A fine concerto si ha una percezione di privilegio, quello di avere assistito all’esibizione di un bravo artista fatta quasi solo per te, quasi come faceva per Maria Barbara e Ferdinando VI alla corte di Spagna quel Farinelli che eseguiva tutte le sere “in camera” sempre la stessa manciata di arie.
E il bis lascia senza parole: annunciato come il Concerto per chalumeau di Fasch, fa temere che ci sia un errore nel titolo (essendo un “concerto” solitamente un brano solo strumentale). Mistero svelato quando il controtenore inizia a emettere suono: come un augelletto, cinguetta fischiettando. Ed è compita l’incarnazione nel “canarino sonoro” (come venivano a volte chiamati i castrati), personificata nel costume, nella voce, nella presenza in scena e nel contesto. L’uscita dal concerto si hanno solo due parole: stupore e meraviglia. Che non sono poi le parole d’ordine dello spirito del barocco in tutte le sue forme?
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