Artaserse a Bayreuth

L’Opera dei Margravi di Bayreuth riapre con una versione dell’Artaserse di Hasse, che intreccia Metastasio con le vicende familiari dei reali prussiani 

Opera dei Margravi, Bayreuth
Recensione
classica
Opera dei Margravi, Bayreuth
Artaserse
15 Aprile 2018

Quando riapre un teatro è sempre una festa. Se poi riapre la sontuosa Opera dei Margravi per Bayreuth è anche l’occasione per recuperare una tradizione barocca schiacciata sotto il peso dell’eredità wagneriana.

Artefice di quella stagione di grandeur della placida cittadina della Franconia fu Gugliemina di Prussia, sorella e confidente di Federico il Grande. Accomunati dalla comune passione per le arti e la musica, dovettero combattere a lungo contro l’ostilità del ruvido padre Federico Guglielmo I, strenuo nemico dei trasporti intellettuali dei figli. 

Come già nel 1748 furono le note dell’Artaserse di Johann Adolf Hasse a risuonare in quell’incantevole spazio teatrale – fortemente voluto da Guglielmina e aperto da una “festa di famiglia” come le nozze della figlia con il Duca del Württemberg – così per la festa della riapertura la scelta cade sullo stesso titolo, smembrato tuttavia nella sua forma originaria e rimontato secondo uno scheletro drammaturgico che segue le tormentate vicende familiari dei rampolli prussiani. A fare da filo conduttore è l’ormai anziana Guglielmina (che comunque morì a nemmeno cinquant’anni) che, attraverso le lettere al fratello Federico, ricostruisce le vicende spesso violente e sempre dolorose intrecciandole a quelle altrettanto violente dell’intricata trama metastasiana. Attraverso un disinvolto montaggio degli affetti musicali dell’originale, la narrazione di questo particolare Artaserse indugia soprattutto sul conflitto (edipico) fra padre e figlio, molto presente nella trama originale, sul fortissimo legame (incestuoso) tra fratelli e sulla distanza di una madre intenta solo a tessere trame di potere. 

Lo stesso gioco di specchi guida anche la realizzazione scenica di Balázs Kovalik, che coniuga in maniera originale la consueta formula del teatro nel teatro per dare corpo all’idea drammaturgica. La scena vuota, chiusa da un fondale che rimanda citazioni (autentiche) in proiezione di Guglielmina, è occupata da un modello in scala ridotta del boccascena dell’Opera dei Margravi con un piccolo piano scenico e quinte mobili dipinte secondo i modi barocchi: espediente efficace, benché non originalissimo, per dare corpo al gioco metateatrale, ma anche per mostrare in azione le macchine barocche dell’illusione teatrale.

 

Una dimensione pedagogica che ricorda che questa produzione, realizzata comunque con la massima professionalità, è un saggio di scuola e di una scuola prestigiosa come l’Accademia teatrale “August Everding” di Monaco di Baviera, la più importante e prestigiosa scuola di formazione teatrale nei paesi di lingua tedesca.

Tutti i cantanti in scena – la coppia dei fratelli di Pauline Rinvet e Kathrin Zukowski, dei genitori di Natalya Boeva e Eric Ander, e del proteiforme Tianji Lin – sono studenti alla fine del percorso di formazione e più di un limite nella tecnica vocale inevitabilmente emerge alla prese con l’impervia scrittura di Hasse, così come emerge il grande sforzo collettivo per portare a casa un risultato di tutto rispetto. In contrasto con il giovanissimo cast, Anja Silja porta la sua lunga esperienza teatrale nel ritratto dai colori crepuscolari di Guglielmina, ruolo parlato, che solo nel melologo finale si scioglie pudicamente in un canto appena accennato. 

Non sono debuttanti i brillanti strumentisti della Hofkapelle München che, sotto la guida dello specialista Michael Hofstetter, assicurano un accompagnamento musicale ricco di colori e di vigore. 

Come da attese, tutto esaurito per le tre recite a Bayreuth. Si replica in maggio al Cuvilliéstheater di Monaco di Baviera.

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