Animali poco selvaggi

I Wild Beasts al Tunnel di Milano

Recensione
pop
DNA Concerti Milano
30 Ottobre 2011
I Wild Beasts sono lontani anni luce da ciò che il loro nome evoca. Inglesi di Kendal, con all’attivo tre album (due per la prestigiosa Domino) e un interesse sempre crescente (soprattutto grazie al loro secondo e splendido disco "Two Dancers"), fanno ottima musica, un misto di new wave, ritmi africani e suono alternative contemporaneo (vedi alla voce Arcade Fire o Tame Impala). Dunque, Tunnel, Milano, di nuovo. E ancora io a pensare a quanto ci sia ancora bisogno di musica nuova e ben fatta in un contesto di alta qualità di ascolto: ingresso 15 euro e un quasi sold out significherà pur qualcosa, no? Ad aprire le danze ci ha pensato un gruppo di pazzi scatentati, i Dutch Uncles, un rock compatto dalle venature quasi prog per la difficoltà delle parti strumentali e i continui giochetti ritmici su tempi dispari. Il cantante si muove come Ian Curtis e per questo il pubblico non si sorprende quando dice “we’re from Manchester”. Dopo un cambio palco lungo e puntiglioso, arrivano poi i quattro animali selvaggi con l’aggiunta di una musicista che se ne sta nascosta dietro una cassa alle tastiere. Come scrivevo sopra, i Wild Beasts sono in realtà una band assai poco selvaggia, molto controllata in verità, nella scelta degli amplificatori e delle chitarre, nella stesura delle canzoni. Non sono un gruppo emozionale, ecco, ma il sound è talmente avvolgente che è facile abbandonarsi alla corrente. Alternano brani vecchi e nuovi, si passano gli strumenti e cantano spesso a due voci. Unica pecca, una tendenza a “tirare indietro” alcune canzoni che dunque risultano meno convincenti che nella versione studio. In ogni caso i Wild Beasts sono all’oggi, anche grazie al loro ultimo disco uscito a maggio “Smother”, una delle migliori band dell’indie internazionale.

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