Schwetzingen parte dalla Genesi

La prima assoluta di “Adam und Eva” di Mike Svoboda da un testo teatrale di Peter Hacks inaugura l’annuale edizione degli Schwetzinger SWR Festspiele 

Adam und Eva (Foto Fernando Fath)
Adam und Eva (Foto Fernando Fath)
Recensione
classica
Schwetzinger SWR Festspiele (Schwetzingen, Rokokotheater)
Adam und Eva
02 Maggio 2025 - 04 Maggio 2025

Si apre con le note di una fanfara in stile Bayreuth ma molto più intima e affidata a tre ragazzi l’edizione annuale degli Schwetzinger SWR Festspiele, da questa edizione affidati alla direzione di Cornelia Bend. Nello spazio antistante l’ingresso del piccolo scrigno del Rokokotheater, contro lo sfondo dei sontuosi giardini della residenza estiva del principe elettore del Palatinato, le note della piccola fanfara per tre strumenti – un violino, un clarinetto e un pianoforte giocattolo – e fatta di poche e semplici frasi ispirate al sì e no ossia all’idea della scelta o, se si vuole, del libero arbitrio, invitano il pubblico a prendere posto in sala prima dello spettacolo di apertura. 

In linea con la lunga tradizione del festival fondato nel 1952, anche quest’anno si apre con un lavoro di teatro musicale in prima assoluta: Adam und Eva dell’americano Mike Svoboda, artista residente in questa edizione del festival (nonché autore della suddetta fanfara). Trombonista e compositore, collaboratore a lungo di Karlheinz Stockhausen, per questa sua nuova composizione Svoboda attinge a un vecchio lavoro teatrale del 1972 di Peter Hacks, drammaturgo di successo nella Repubblica Democratica Tedesca, dalla solidissima fede nei valori del socialismo realizzato anche se non proprio amato dal potere, soprattutto negli anni di Erich Honecker, l’ultimo presidente prima del crollo del muro e dell’unificazione tedesca. 

La vicenda è quella ben nota del biblico Libro della Genesi con qualche significativa variante e soprattutto il rovesciamento della morale comune, che vede la cacciata dal Paradiso come punizione divina per un atto di disobbedienza della prima coppia di umani. Nel testo di Hacks, tradotto piuttosto fedelmente in libretto da Anne-May Krüger, consorte di Svoboda, il celebre morso della mela da parte di Eva segna invece un vero e proprio atto di emancipazione degli umani dalla volontà divina, attraverso l’esercizio del libero arbitrio, che del resto è lo stesso Dio ad aver concesso loro. In effetti a condurre il gioco sono soprattutto Gabriel e Satanael, i due principi opposti, come lo sono il Bene e il Male, alle dirette dipendenze di Dio, che, per noia e per avere delle degne controparti, crea la coppia formata da Adamo ed Eva. Come nell’originale, Dio proibisce ai due umani di toccare la mela ma rimane inascoltato nonostante gli avvertimenti dell’inane Gabriel. Preso atto del loro gesto di ribellione, indotto comunque dal tentatore Satanael sotto le sembianze del serpente, Dio accetta di separarsi dalle sue creature e piange. 

Se può sorprendere che un convinto sostenitore della RDT come Hacks fosse attratto da vicende bibliche, va considerato che per il drammaturgo compito dell'arte marxista era quello di salvare il cristianesimo dai cristiani, come scrisse lui stesso nell’introduzione al suo testo teatrale: “I cristiani hanno ridotto il cristianesimo a un accumulo di frasi sulla giustizia, sulla virtù e sulla creazione di un mondo più dignitoso, tutte cose che, Dio è testimone dell’autore, i marxisti comprendono meglio.” Del resto, per diventare come il Creatore, l’uomo deve rompere con Dio e creare se stesso. 

Sorprende anche di più come questo testo, ricco di paradossi ma anche di un fondo didascalico attenuato da un certo sguardo sarcastico, abbia incontrato l’interesse degli autori di questo “Musiktheater“ in un prologo e tre atti piuttosto agili, che nel complesso parlano pochissimo alla nostra attualità, nonostante la regista Andrea Moses tenti un qualche aggancio all’emergenza ecologista e alla tecnostupidità contemporanea – che lascia avvilito un Dio in camice bianco, capo di un laboratorio di ricerca sui due umani rinchiusi in una sorta di grande acquario o rettilario (la scena è di Heike Vollmer) – rimanendo comunque sempre piuttosto in superficie di questo esile lavoro, allestito secondo i canoni dimessi tipici di un certo teatro di concetto. 

Nonostante un materiale drammaturgico che contiene un fondo di dissacrante ironia, non si coglie la dichiarata leggerezza nella scrittura di Svoboda, anche impegnato in buca come direttore dell’hr Sinfonieorchester di Francoforte in formato ridotto ma non nella qualità musicale. La scrittura è molto minuziosa, compresa quella per le voci dei quattro protagonisti Morgane Heyse, Gabriel, Manuela Leonhartsberger, Satanael, Tina Josephine Jaeger, Eva, e Alexander York, Adam (solo il Dio di Sebastian Hufschmidt non canta) e del piccolo coro di vocalist fatto di aggiunti del coro del Landestheater di Linz e del SWR Vokalensemble nonché della surreale coppia di unicorni cantanti (Génesis Beatriz López Da Silvae Felix Lodel) che intervengono nella vicenda con stranianti siparietti. Manca tuttavia uno sviluppo drammaturgico stringente e soprattutto convincente, che vada cioè al di là dell’episodico succedersi di situazioni piuttosto estemporanee, talvolta anche non prive di suggestione (e nonostante l’impiego di ottoni dalle sonorità densissime richiami Stockhausen, manca del tutto la sua grandiosa visionarietà). 

Pubblico numeroso alla prima. Applausi con solo qualche timido dissenso. Dopo le due recite di Schwetzingen, il lavoro verrà ripreso nel prossimo novembre al Landestheater di Linz, coproduttore del lavoro. 

 

 

 

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