Il Bach distillato e rituale di Raphaël Pichon

Una Johannes-Passion intensa e originale offerta dall’Ensemble Pygmalion

Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)
Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)
Recensione
classica
Reggio Emilia, Teatro Valli
Johann Sebastian Bach, Johannes-Passion – Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon
16 Aprile 2025

Compatto e reattivo da un lato, trasparente e denso dall’altro: è stato soprattutto l’impasto timbrico espresso dal coro e dall’orchestra che compongono l’Ensemble Pygmalion a caratterizzare il concerto ospitato l’altra sera al Teatro Valli di Reggio Emilia, assecondando con palese affinità il passo espressivo impresso da Raphaël Pichon alla sua personale lettura della Johannes-Passion BWV 245 di Johann Sebastian Bach.

Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)
Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)

Prima delle due tappe italiane (la seconda il giorno dopo a Milano con il debutto di questa formazione alla Scala) del tour pasquale europeo che vede l’Ensemble Pygmalion tornare al capolavoro bachiano per un programma di nove date - avviato a Parigi lo scorso 8 aprile a Notre-Dame e destinato a concludersi a Losanna il lunedì dell'Angelo - questa serata ha offerto un impaginato dal carattere intenso e originale.

Nelle due parti che costituiscono l’impianto dell’oratorio bachiano, infatti, il percorso di ascolto proposto ha previsto l’innesto di altre pagine estranee alla partitura, rievocando una prassi che riconduce al rito del Venerdì Santo come veniva celebrato al tempo di Bach, quindi presumibilmente anche in occasione della prima esecuzione di questa pagina del maestro di Eisenach avvenuta appunto il Venerdì Santo del 1724 nella chiesa di San Tommaso a Lipsia.

Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)
Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)

Il concerto è stato aperto da O Traurigkeit, O Herzeleid!, corale anonimo del XVII secolo dedicato ai riti pasquali intonato dal palco reale dalla sola voce del contralto Lucile Richardot, diffondendo quindi alle spalle del pubblico un tratteggio melodico poi ripreso dal coro sul palcoscenico. Una sorta di riflessivo preambolo a introdurre la prima parte della Passione bachiana, il cui articolato affresco espressivo è stato animato da una tensione drammatica che Pichon ha plasmato con estrema attenzione per le dinamiche e gli equilibri timbrici tra la compagine corale e quella strumentale. Due elementi caratterizzati dall’estrema compattezza dell’impasto vocale da un lato e, dall’altro, dalla brillante reattività espressa dalla formazione di strumenti d’epoca, la cui cifra timbrica emergeva per qualità dell’impasto sonoro e trasparenza. All’interno di questa prima parte è stata incastonata un’altra oasi rappresentata da alcuni estratti dalla Cantata BWV 159, oltre alla presenza del Christe, du Lamm Gottes dalla seconda versione della stessa Johannes-Passion.

La seconda parte dell’oratorio bachiano ha visto l’aggiunta di Ecce, quomodo moritur iustus, mottetto tardocinquecentesco di Jacobus Handl Gallus che ha raggiunto ancora una volta l’uditorio alle spalle, in questa occasione attraverso le porte aperte del foyer sulla sala. Un altro momento di evocativa astrazione – qui restituito grazie a un gruppo di voci a cappella – che ha ribadito la valenza rituale di questo concerto, avallato dalla ricercata gestualità Raphaël Pichon – e dall’assenza del suo saluto al pubblico al termine della prima parte del concerto – oltre che dai movimenti dei solisti sulle due piattaforme ai lati del palcoscenico. Protagonisti, questi ultimi, di prove interpretative decisamente efficaci, capaci di muoversi tra il coro e il proscenio facendo emergere i differenti personaggi grazie a una gestualità misurata e, soprattutto, attraverso una cifra vocale perfettamente a fuoco rispetto ai diversi ruoli, a partire da Julian Prégardien (Evangelista), Huw Montague-Rendall (Gesù) e Leon Košavić (Pilato), completati dalle ottime prove del soprano Ying Fang, del contralto Lucile Richardot e del tenore Laurence Kilsby.

Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)
Ensemble Pygmalion, Raphaël Pichon (foto di Andrea Mazzoni)

Un’affinità – quella espressa da coro, orchestra e solisti – che ci appare tipica di quelle formazioni la cui matrice “personale” permette a direttori come Pichon di plasmare suoni e caratteri interpretativi dell’ensemble che guidano a immagine e somiglianza della propria originale visione. Un approccio che – al di là della condivisione o meno di innesti più o meno coerenti di pagine estranee a una determinata opera – rivela in occasioni come questa tutta la sua efficacia, raccogliendo i calorosi e meritati applausi di un pubblico impegnato in un ascolto attento e, alla fine, palesemente appagato.

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