Cantando sulla tomba di Bellini 

All’Oper Frankfurt Vincent Boussard firma un nuovo allestimento de I puritani con la direzione di Tito Ceccherini 

I puritani
I puritani
Recensione
Oper Frankfurt
I puritani
02 Dicembre 2018 - 18 Gennaio 2019

Napoli 1822. Maddalena e Vincenzo sono giovani e belli. Lei è figlia di un giudice della Gran Corte Civile. Lui è un musicista alle prime armi. I due si amano ma il padre di lei non ne vuol sapere di concedergli la mano della figlia. Poi lui se ne a Milano e conosce i primi successi. Il padre di Maddalena si convince che quel Vincenzo è un buon partito. Lei lo ama ancora ma lui ha già dimenticato l’amore della sua vita e la liquida con poche parole. Lei, vergine vezzosa, di lì a poco morirà consumata dal dolore. Sembra una storia da melodramma e invece è proprio un episodio della biografia di Vincenzo Bellini, che a Vincent Boussard piace pensare che quell’amore giovanile di Bellini abbia un riflesso nei Puritani, il primo successo parigino del catanese e ultimo di una carriera brevissima. 

Comincia proprio con la morte di Bellini il suo nuovo allestimento per l’Oper Frankfurt dei Puritani: il poeta muore e le immagini del video di Isabel Robson ci portano fra le tombe del Père Lachaise. Un video proiettato sulle pareti sbrecciate di una sala di teatro in rovina, verosimilmente quella della Sala Favart, sede di quel Théâtre Italien il 24 gennaio 1835 quando i Puritani furono presentati per la prima volta al pubblico, che costituisce la scena fissa concepita da Johannes Leiacker per questo allestimento. Il parallelo fra vicenda biografica e trama dell’opera prende vita fra quelle rovine con un gioco di costumi, come sempre sontuosi di Christian Lacroix, fra primo Ottocento e il Seicento dell’Inghilterra dilaniata dalla guerra civile che fa da sfondo al melodramma. Idea interessante benché non nuova, ma la trama doppia appesantisce la narrazione e la imbroglia non poco, specialmente nel doppio finale, inutile dirlo, non festoso. 

Più interessante la dimensione musicale che contava su un quartetto di Puritani di grande qualità. Di John Osborne è nota la perizia con cui affronta il repertorio di primo Ottocento, che si conferma anche in Arturo, reso con accuratezza stilistica e solida tecnica vocale anche nell’impervia tessitura acuta. Brenda Rae aggiunge Elvira alla galleria di ritratti di eroine del belcanto e anche in questo ruolo fa prevalere lo sfoggio tecnico, impeccabile, su una gamma espressiva piuttosto monocorde. All’opposto, Iurii Samoilov è un Riccardo di marcato temperamento ma di timbro un po’ leggero, e Kihwan Sim un Giorgio di pregevole musicalità. Fra i ruoli minori, Bianca Andrew si fa notare nel piccolo ruolo di Enrichetta risolto con autorità. Corposi gli interventi del Coro dell’Oper Frankfurt. L’accompagnamento orchestrale è guidato da Tito Ceccherini, insolitamente impegnato in un titolo del grande repertorio melodrammatico, che dirige nel segno di una grande cantabilità, in aderenza al proverbiale melodismo belliniano, e con passo rasserenante. Si fa notare anche una certa cura per il dettaglio strumentale che mette in rilievo le ottime qualità musicali degli strumentisti della Frankfurter Opern- und Museumsorchester

Pubblico folto, applausi calorosi.