Francesco Massaro, un bestiario dal vivo

A Bologna al Teatro San Leonardo Francesco Massaro & Bestiario, un quartetto unico per una musica tra lirismo e ricerca 

Francesco Massaro Bestiario Bologna
Francesco Massaro Bestiario (foto di Luca Vitali)
Recensione
jazz
Bologna, Teatro San Leonardo
Francesco Massaro & Bestiario
14 Novembre 2018

La criptozoologia è lo studio degli animali la cui esistenza è ipotizzata su basi indiziarie. Sono magnifiche e imprendibili le figure evocate da Francesco Massaro & Bestiario, in concerto, con la curatela di Luca Vitali, al Teatro San Leonardo di Bologna per la quinta stagione del Centro di Ricerca Musicale legato al festival Angelica.

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Già ascoltando i due dischi della formazione (Bestiario marino del 2015 e Meccanismi di volo del 2017, pubblicati dal collettivo pugliese di autoproduzioni Desuonatori) gli indizi di avere a che fare con un musicista dotato di grande sensibilità e personalità erano evidenti (e ve ne avevamo parlato qui). Il live, con questo nuovo assetto che vede Adolfo La Volpe (chitarra elettrica, elettronica) prendere il posto di Gianni Lenoci al piano, è la dimostrazione ulteriore e definitiva di un talento maturo e pienamente sbocciato. Musica capace di suggerire (im)possibili presenze, mitologie arcane e futuribili, domani remotissimi, rituali primordiali e odissee nello spazio, lirica eppure selvatica, densissima e aerea, dotata di una grazia ispida, nitida eppure infranta, attraversata da lampi che la fanno deragliare per collocarla continuamente in un indecifrabile altrove.

Ci parla da una ferita, la musica di Francesco Massaro, o forse dalla ferita della Storia: il mood onirico di Henry Threadgill liberato dalla gabbia delle strutture, quasi un Boulez perso in labirinti al confine tra jazz (del quale si intravedono solo e per davvero fugacissime ombre, o semplicemente il suo necessario fiorire in qualcosa di definitivamente altro) e contemporanea, la ricerca indefessa di Roscoe Mitchell ed Evan Parker come faro, condotta però con un piglio inesorabilmente lieve, grazie a una voce che fa del suo venire a patti col silenzio in ogni momento la sua forza, della propria fragilità la propria potenza. Certa elettroacustica (dai pionieri delle prime esplorazioni alle avventure implacabili ed esaltanti di un genio come Sam Pluta) come mondo di riferimento, un uso dell’elettronica efficacissimo, sottile e molto musicale, e la chitarra di La Volpa ad aggiungere grammi di acidità a una pozione già altamente psicotropa; vertigini, voragini, lame ritmiche, cellule che si espandono e si organizzano secondo calibratissimi moti browniani, l’inesorabile mistero del suono che si evolve nella sua gloria nuda, un afflato sinfonico, il futuro come promessa e minaccia: tutto questo viene in mente ascoltando un lungo, torrenziale inedito, di una bellezza semplicemente terrificante.

Poi, da Meccanismi di volo, il puro distillato di poesia di "Sa zenti arrubia", dedicata ad animali più reali del vero, ovvero i fenicotteri rosa tipici di certe zone della Sardegna. Un pezzo magico, sospeso in una bruma di sogno, semplice e dolente, assolutamente perfetto. Mille potrebbe essere i riferimenti del vasto mondo evocato dal quartetto, che in una cinquantina di minuti ci porta per mano in un posto che non sappiamo descrivere compiutamente, ma in cui è assolutamente magnifico stare: l’hardcore da camera di Koch Schütz Studer filtrato attraverso una lente zen, dove all’irruenza feroce degli svizzeri subentra un tocco umanissimo, quasi ambient; dinamiche sovente a precipitare lentamente verso il pianissimo, spazi ampi, tempi geologici, la batteria di Michele Ciccimarra che invece di essere metronomo si fa percussione narrativa, orme di sciamano, le indagini sul respiro nei flauti di Mariasole De Pascali, Massaro a sorvegliare questo clima da risveglio panico con il controllo del compositore e il magistero dell’ombra del folle, un’ombra di creature che da qualche parte nella nostra testa sappiamo esserci familiari ma non sappiamo riconoscere totalmente.

Merito di un quartetto eccezionale composto da interpreti fuori dall’ordinario e guidato da un musicista prezioso, probabilmente unico. 

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