Domingo come direttore

Placido Domingo dirige "Aida" in modo solidamente tradizionale, ma con scarso approfondimento, accompagnamenti di routine e qualche difetto tecnico.

Recensione
classica
Teatro dell'Opera di Roma Roma
Giuseppe Verdi
23 Luglio 2005
Ha un lungo curriculum alle spalle, dirige due importanti teatri americani, non lo si può più considerare un dilettante: Placido Domingo è ormai un direttore vero, ma non un grande direttore. A differenza di quando canta, non ha personalità: la sua "Aida" è cantabile, lineare, tradizionale, non offre nulla che non si sia ascoltato in cento altre occasioni (sorprendentemente è l'accompagnamento delle voci ad essere l'aspetto più routinier, ma è proprio quel che i suoi colleghi cantanti vogliono). E la tecnica non è saldissima: gli splendidi impasti orchestrali gli escono un po' spenti e gli scappano vistose sfasature tra buca e palcoscenico (sono un'attenuante i soliti problemi dei grandi spazi all'aperto, quando solisti e coro, allungati su un fronte di decine di metri, non si sentono tra di loro e non sentono nemmeno l'orchestra). Ma alla fine la sua "Aida" arriva felicemente in porto, accolta da grandi applausi, ed è quanto ci si aspetta da una "Aida" caracalliana. I cantanti sono un gruppo eterogeneo. Apre le danze Mario Malagnini con una voce ancora giovanile, duttile e luminosa, da tenore lirico, ma abbastanza robusta da reggere il peso di "un trono vicino al sol" e di "sacerdote, io resto a te": l'interprete però non è certo da brivido. Isabelle Kabatu (Aida) è più coinvolgente, nonostante il timbro privo di attrattive. Mariana Pentcheva contralteggia e scolpisce un'Amneris autoritaria e virile. Juan Pons ha una classe superiore e quando entra in scena ridimensiona tutti. Quella di Paolo Micciché è una scenografia grandiosa ma virtuale, realizzata con proiezioni che ricoprono interamente il fondale e le quinte del palcoscenico e anche i colossali ruderi romani. Talvolta le immagini cambiano anche due o tre volte durante un'unica scena e allora si ha l'impressione di sfogliare un enorme libro di foto dell'Egitto, ma la scena del trionfo è suggestiva, moderna, molto spettacolare e finalmente liberata dal kitsch.

Interpreti: Valayre/Carola/Kabatu, Pentcheva/ omloshi/Brioli, Malagnini/Fraccaro, Pons/Meoni/Giovine, Prestia/Zanazzo/Caforio

Regia: Paolo Micciché

Scene: Antonio Mastromattei

Costumi: Alberto Spiazzi

Corpo di Ballo: Corpo di ballo del Teatro dell'Opera di Roma

Coreografo: Juan de Torres

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma

Direttore: Placido Domingo / Stefano Reggioli

Coro: Coro delTeatro dell'Opera di Roma

Maestro Coro: Andrea Giorgi

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