Il Mahabarata all'opera
Nel 1916 Gustav Holst con la sua opera in miniatura Savitri - basata su un soggetto dell'epica indiana Mahabarata - contribuiva al superamento dell'ipertrofico teatro musicale di derivazione ottocentesca.
Recensione
classica
Si sente dal fondo la voce della Morte cantare il suo motivo fondamentale, cui risponde Savitri, intrecciando un raffinato contrappunto dalle sinuose linee Liberty , senza che una sola nota risuoni ancora nell'orchestra, che poi interverrà con una strumentazione semplicissima, quasi ascetica, lontana da preziosismi orientaleggianti: in effetti il compositore inglese ha scelto questo soggetto indiano non perché era interessato all'esotismo ma perché amava profondamente la cultura indiana, al punto d'imparare il sanscrito e ricavare personalmente dal Mahabarata la storia della principessa Savitri, che strappa alla morte il marito Satyavan, simboleggiando così la liberazione da Maya, cioè dalla mutevolezza del mondo visibile, che nasconde agli uomini la verità ultima.
Tre sono i personaggi, una dozzina gli strumenti, più un piccolo coro femminile fuori scena a suggerire il mondo soprannaturale evocato dal nome di Maya, la scenografia s'accontenta di pochissimo (Holst voleva solo che venisse rappresentata in un giardino, come si è fatto a Montepulciano), la durata è di poco più di mezz'ora. Con quest'econimia estrema di mezzi e col rifiuto di ogni sentimentalismo e di ogni drammaticità tradizionale, Savitri ebbe un ruolo non trascurabile nella ricerca di un nuovo tipo di teatro musicale all'inizio del secolo scorso. La sbronza wagneriana di Holst era ancora molto recente e qualche declamato nibelungico s'insinua talvolta in un'intonazione molto naturale, plasmata sulla lingua inglese, come farà poi Britten, ma nel complesso questa è una musica limpida, semplice e suggestiva, particolarmente toccante quando canta Savitri, interpretata con totale adesione dalla bravissima Nicola Stonehouse. Perfettamente adeguati anche George Mathiakakis e Thomas Walker: Ottimi i giovanissimi strumentisti del Phoenix Ensemble, diretti da Michael Rosewall. Semplicissima e quasi inavvertibile, ma proprio per questo apprezzabile, la regia di Tootie Masson.
Interpreti: Thomas Walker, Nicola Stonehouse, George Mathiakakis
Regia: Tootie Masson
Orchestra: Royal College of Musica Phoenix
Direttore: Michael Rosewell
Coro: Voci femminili del Coro della Radio Ungherese
Maestro Coro: kalman Strausz
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