Un Ballo in grigio

Un Ballo in maschera non si può risolvere con la routine, ma è pur sempre Verdi e il pubblico è soddisfatto: che abbia ragione ad accontentarsi di quel che passa il convento?

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Giuseppe Verdi
14 Dicembre 2001
Bene Il Trovatore, benissimo I due Foscari, soltanto benino Un ballo in maschera: l'andamento delle celebrazioni verdiane del 2001 a Roma conferma che Un ballo in maschera non può essere preso alla leggera, perché evidenzia spietatamente i limiti d'un direttore di routine, d'una messa in scena genericamente sfarzosa e d'un cast messo insieme alla rinfusa. Donato Renzetti si limitava a governare palcoscenico e buca con apprezzabile pulizia, ma senza proccuparsi di evidenziare un colore o di scavare un dettaglio nell'orchestra, d'intessere un dialogo o di offrire un suggerimento ai cantanti: l'unica linea interpretativa poteva essere ravvisata in una lentezza che ingrigiva tutto. Avendo a disposizione la Boston grandiosa come Versailles di Mauro Carosi (ma non sarebbe meglio ignorare ormai la censura papalina e ripristinare l'ambientazione nella Stoccolma dell'ultimo scorcio del '700?) e i costumi dalle raffinate gradazioni cromatiche di Odette Nicoletti, Alberto Fassini deve aver pensato che il più era fatto e quindi si è limitato a gestire i movimenti fondamentali dei protagonisti, a disporre un paio di quadri viventi di bell'effetto e a inventare qualche controscena bozzettisica superflua quando non fastidiosa, perdendo di vista l'essenziale. Se si attendeva dai cantanti quel barlume di proposta d'interpretazione che non veniva da direttore e regista, si sbagliava indirizzo. Salvatore Licitra ha un timbro di straordinaria bellezza e una tecnica non raffinatissima ma abbastanza salda per affrontare senza affanno un ruolo complesso e insidioso come Riccardo, ma quanto a interpretazione, neanche a parlarne. Non un brivido veniva dall'Ulrica (per altro ben cantata) di Elisabetta Fiorillo. A posto l'Oscar di Annamaria Dell'Oste. Bene i ruoli minori, anzi benissimo il Silvano di Roberto Accurso e il Tom di Enrico Turco. Invece Renato era svilito dalla voce nasale e della linea di canto uniforme di Alexandru Agache. Si è lasciata per ultima Ines Salazar (Amelia) perché è il caso più complesso: è dimagrita ed è ancora più bella, ma purtroppo anche la voce sembra dimagrita o, peggio, consumata; il suo canto è tutto un laborioso tentativo di coprire falle, diseguaglianze e asprezze, eppure riesce a far dimenticare i suoi problemi grazie al temperamento che vibra in ogni gesto e in ogni nota. Tirando le somme, al di là dei pregi e dei difetti dei singoli, il vero problema di questo Ballo in maschera è che ognuno sembra andare per la sua strada. La maggior parte del pubblico è comunque soddisfatta e applaude, ma senza entusiasmo.

Note: all. del Teatro San Carlo di Napoli

Interpreti: Salazar / Rezza, Fiorillo / Martic, Dell'Oste / Di Censo, Agache / Mastromarino, Licitra / O'Neill, De Gobbi / Di Cristoforo, Turco / Di Cristoforo, Accurso / Orecchia

Regia: Alberto Fassini

Scene: Mauro Carosi

Costumi: Odette Nicoletti

Corpo di Ballo: Corpo di Ballo del Teatro dell'Opera

Coreografo: Flavio Bennati

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera

Direttore: Donato Renzetti

Coro: Coro 11-del Teatro dell'Opera

Maestro Coro: Andrea Giorgi

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