Make Music Not War: torna il Festival del Mediterraneo

Fino al 21 ottobre a Genova la trentaduesima edizione del Festival del Mediterraneo

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Antonella Ruggiero (Foto Enzo Berti)
Antonella Ruggiero (Foto Enzo Berti)

Make Music, Not War: parafrasando un slogan fin troppo abusato, negli anni ’60 delle controculture, e nei fatti disatteso in pieno, l’associazione Echo Art che organizza ogni anno a Genova il Festival del Mediterraneo ha scelto quelle quattro parole, illustrate nel logo dall’artista messicano Pedro Reyes, per rilanciare un messaggio cruciale: suono e musica sono esperienze concrete, per far cessare i conflitti, non (solo) metafore. Tutti i conflitti, anche quelli che logorano la nostra faticosa esperienza quotidiana. Perché “la musica ci insegna a vivere in armonia e a ascoltare gli altri: per convivere in pace”.

Una scelta di Davide Ferrari, direttore artistico della rassegna, musicista e musicoterapeuta che di conflitti quotidiani e no se ne intende, da decenni: da quando, trent’anni fa, riuniva genti diverse nel segno della musica della ex Jugoslavia, a Mostar. Scelta di campo e di vita ribadita nella fondazione dell’Orchestra multietnica di Piazza Caricamento, tanti anni fa.

L’Orchestra, ospite la vocalist Antonella Ruggiero sarà peraltro protagonista, a ranghi rinnovati, del concerto di chiusura di questo Festival, il 21 ottobre, nel Teatro dell’Arca che ha sede presso il carcere di Marassi a Genova.

Il Festival de Mediterraneo di Genova, come di consueto ospitato in location diverse, ognuna scelta per valorizzare il senso del singolo evento, coprirà quest’anno lo spazio di una cinquantina di giorni, a partire dal 1 settembre.

Si tratta della trentaduesima edizione, un piccolo record di longevità per una rassegna che ha progressivamente accorpato, accanto alle note del Mediterraneo e oltre, performance, laboratori, incontri, seminari. E tanta sperimentazione da considerare strategica accanto alle espressioni più “tradizionali” di musica e danza.

Spesso, anzi, creando cortocircuiti virtuosi ed assai interessanti tra chi porta avanti saperi sedimentati nel tempo, e chi cerca nuove vie espressive: in questa edizione ad esempio succederà con Crossing Borders il 6 settembre nell’Area archeologica dei Giardini Luzzati, dove il dj Scotch Egg (Shigeru Ishihara, dal Giappone) incontrerà i tamburi rituali tradizionali della coreana Shin Hyo. O il 16 settembre, al Teatro Tiqu con El Khat, musica tradizionale dello Yemen e della diaspora ebraico – yemenita, ma eseguita con strumenti autocostruiti ed elettrici.

Le donne hanno molto da dire sul “fare la musica, e non la guerra”: l’esempio più calzante, nel Festival, arriverà con l’Ensemble Chakam, un trio femminile da Iran, Palestina e Francia, presso il Chiostro del Museo Diocesano nel centro storico genovese, il 7 settembre.

Uno dei padri fondatori della performance italiana, Roberto Rossini, sarà protagonista invece di KI, azione estetico rituale dedicata al principio energetico della medicina tradizionale cinese. Il programma completo del Festival, che prevede sempre prezzi calmierati, disponibili qui.

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