In viaggio con Olivia Block

Il nuovo album della statunitense Olivia Block è stato creato sotto l’effetto della psilocibina

Olivia Block
Disco
oltre
Olivia Block
Innocent Passage in the Territorial Sea
Room40
2021

Per una banale questione di contesto, in un modo o nell’altro, alcuni più e altri meno, i dischi pubblicati negli ultimi mesi sono condizionati inevitabilmente dall’emergenza sanitaria in atto. Non fa eccezione il nuovo lavoro di Olivia Block: cinquantunenne compositrice originaria di Austin, dove fece apprendistato nel circuito indie rock, cresciuta però artisticamente a Chicago, luogo in cui da fine Novecento è fiorito il suo estro, applicato di volta in volta a installazioni sonore, esperimenti di field recordings e partiture cameristiche, muovendosi in una zona equidistante fra musique concrète e ambient di natura analogica.

Un talento appartato, avvistato in Italia grazie ai festival Dissonanze e Angelica, oltre che alla Biennale di Venezia.

Dicevamo delle circostanze nelle quali è maturato Innocent Passage in the Territorial Sea, secondo album affidato all’indipendente australiana Room40, fondata da Lawrence English. A tale proposito, è Block stessa a spiegarne la genesi, in verità bizzarra: «Durante l’isolamento, impossibilitata a fare qualsiasi cosa al mondo, mi sono interiorizzata, adottando intenzionalmente una pratica regolare di ascolto sotto l’effetto di funghi psichedelici (…) La pandemia sembrava un sogno strano o una surreale storia di fantascienza».

Quest’ultima suggestione si evidenzia nell’episodio d’apertura, “Axiolite”: dedicato nel sottotitolo alla scrittrice britannica Anna Kavan, il cui romanzo più noto – Ghiaccio del 1967, raggelante distopia apocalittica – l’ha indirizzata nel processo di solitaria esplorazione mentale.

L’avanzare lento di un bordone, che via via cresce fino a raggiungere una dimensione quasi sinfonica, indica immediatamente uno scarto rispetto alle opere precedenti, nelle quali il suono elettronico era presente ma non egemone come in questa occasione. Impiegando un sintetizzatore Organelle, un mellotron – parola sua – “sgangherato” e nastri magnetici, ma soprattutto un Korg CX3 (clone dell’organo Hammond il cui timbro vintage spicca sulla pulsazione cavernosa di “En Echelon”, riverberando i cromatismi del celebre arcobaleno di Terry Riley), Block ha disegnato – guidata dalla psilocibina – un itinerario musicale dalla fisionomia essenziale – sei tracce in poco più di 35 minuti – e tuttavia vario nei paesaggi evocati, dalle ondate oceaniche di “Laika” alla cupezza percussiva di “Great Northern, 3442”, culminando all’epilogo nel minimalismo cristallino di “Rivers in Reverse”.

Davvero un bel “viaggio”.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

oltre

Il mito di Orfeo secondo Sarah Davachi

In The Head as Form’d in the Crier’s Choir la compositrice canadese trae ispirazione da Claudio Monteverdi e Rainer Maria Rilke

 

Alberto Campo
oltre

La morbida confusione di Mabe Fratti

Sentir Que No Sabes è l’inconsapevole capolavoro della violoncellista e cantante del Guatemala

Alberto Campo
oltre

Alessandra Novaga sulle orme di Tarkovskij

The Artistic Image Is Always a Miracle è il nuovo lavoro della chitarrista e compositrice milanese

Alberto Campo