Un ballo liscio 2: la vendetta

Riccardo Tesi e Claudio Carboni ripercorrono ancora le strade del liscio, per rivelarne le meraviglie musicali oltre ogni stereotipo

Un ballo liscio
Foto Daniele Franchi
Disco
world
Riccardo Tesi &Claudio Carboni
Un Ballo liscio vol. 2
Egea
2024

“Liscio”, se andate a consultare l’Enciclopedia Treccani, vene spiegato così: «lìscio agg. (pl. f. -sce). – 1. a. Che ha la superficie piana, uguale, uniforme, priva di asperità, di solchi, increspature e sim.».

Provate ad applicarlo alla musica, l’aggettivo, ed avrete uno dei più clamorosi cortocircuiti semantici che sia dato rinvenire a scavare appena con la forza di un’unghia.

Perché? Perché  l’aggettivo “liscio” preso ad assommare su di sé anche il sostantivo “ballo”, dunque il “(ballo) liscio”, darebbe (e giustamente!) l’idea di una serie di danze canoniche non problematiche, un po’ passatiste, stabilizzate in un corpus che si insegna nelle scuole di danza di base, e che si contrappone a quanto è “moderno” ed altrimenti coinvolgente. Altrimenti non esisterebbero in Italia ad esempio i campionati di “Bachata Sensual”, qualsiasi cosa voglia dire.

Il preambolo per dire che ciò che è finito sotto l’etichetta di “non problematico”, e "a carica erotico -sensuale depotenziata", buona per le feste di paese e la mobilità degli anziani, poco più di cent’anni fa fu oggetto di reprimende e scomuniche da parte della chiesa cattolica: dal Nord Europa arrivava lo scandalo massimo di balli borghesi che, addirittura, avvicinavano a contatto i corpi della donna e dell’uomo, dopo la nobiltà corale dei balli collettivi, e dal Sudamerica sbucava maligno quel tango sordido che mimava con astuta eleganza scambi di passione tra i corpi irrigimentandoli in uno strano percorso ipersensuale e neutro al contempo, con i ballerini che non incrociano mai lo sguardo.

Il ballo liscio fu veicolo d’emancipazione, quando arrivò alle classi popolari: nacquero le balere, e quel “socialismo a passo di valzer” di cui ha ben scritto Carmelo Mario Lanzafame.

Riccardo Tesi,decano di (quasi) ogni diramazione folk che abbia forte attinenza coi saperi popolari, mai imprigionato nelle secche d’un filologismo astratto, già nel 1995 aveva fatto uscire una sublime meditazione e affondo in musica su questi temi travisati: Un ballo liscio, per la francese Silex.  

Sono passati quasi trent’anni, ed ecco arrivare da Egea un secondo volume che approfondisce, precisa, affina il focus su quel repertorio, stavolta a firma doppia, Riccardo Tesi e Claudio Carboni.

Con due ospiti speciali: Tosca, cui è affidata anche la parte vocale nel brano più “critico” da affrontare senza preconcetti, "Romagna mia", e il magnifico Paolo Fresu, tromba in "Laguna addormentata" di Eric Coates.

Ma sono ospiti anche Francesco Savoretti alle percussioni e Fabio Galliani alle ocarine. Il nucleo base, oltre a Tesi col suo organetto fatato e Claudio Carboni, sassofoni e flauti volteggianti, comprende Massimo Tagliata, Maurizio Geri con la sua voce antica, Nico Gori, Roberto Bartoli, Gianluca Nanni e l’elegante quartetto d’archi Alborada.

Tutta strumentazione acustica, dunque, in assortimenti timbrici che spaziano dal duo all’organico pieno, quasi a sottolineare quanto in realtà gli aspetti timbrici anche innovativi siano parte viva della tradizione del liscio.

E c’è di più, che aleggia in questa ricerca storica che diventa arte e invenzione, e viceversa: una continua leggerezza danzante ad altissimo peso specifico. Ossimoro solo apparente.

 

 

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