Rabbia, Petrella e Aarset, in trio sull'acqua

Lost River è il primo disco in trio per Michele Rabbia, Gianluca Petrella e Eivind Aarset, per ECM

Michele Rabbia, Gianluca Petrella e Eivind Aarset - Lost River
Disco
jazz
Michele Rabbia / Gianluca Petrella / Eivind Aarset
Lost River
ECM
2019

Sembrano indicare un percorso o raccontare una storia i titoli delle estemporanee composizioni di questo suggestivo e fluttuante Lost River, prima registrazione in studio a opera del creativo, immaginifico e – fin qui – inedito trio di Michele Rabbia, Gianluca Petrella e Eivind Aarset

Dal cielo, da un’aria diafana e metafisica ("Nimbus"), ci si muove verso la terra (altrettanto immateriale o liquida in questo caso), alla ricerca di un qualche fiume carsico perduto (o magari della sua semplice impronta), di quel che scorre e galleggia al di sotto della superficie visibile ("What Floats Beneath"). 

Un viaggio notturno, come tra oblianti mari lunari (si ascolti, in "Night Sea Journey", l’ondivago, davisiano, lirico, trombone di Petrella), compiuto in un’ora incerta dai confini sfumati, magari per disseppellire e conoscere il misterioso tracciato di un antico "Wadi", nel tentativo di comprendere nel dettaglio quel che l’acqua è capace di trasportare, nel tempo nascondere e sedimentare ("What the Water Brings" – e qui ci si diletti con l’elettronica sbriciolata e detritica di Rabbia).  

Ma il Lost River di Rabbia (batteria), Petrella (trombone) e Aarset (chitarra), più che rappresentare l’infuocato e magmatico Stige ("Styx"), qui rievocato come da lancinanti e profondi suoni infernali (si oda il grido lacerante della chitarra di Aarset), sembra quasi avere le sembianze intangibili e purificanti del Lete, fiume o "Fluvius" della (forse salvifica) aerea dimenticanza.

Una registrazione ammaliante, quella del trio, intrisa di calibrati e sorprendenti effetti, ma soprattutto ricca delle delicate propulsioni o delle continue invenzioni percussive di Rabbia, delle meravigliose legature della “voce” di Petrella, e degli scenari cosmici sempre evocati dalla discreta ed elegante elettricità di Aarset. 

Un esempio mirabile di reciproco ascolto, certosina misura ed eccelso controllo, e però all’insegna di una musica magica, onirica, evanescente, divagante, confortevolmente abbandonata. Trascendenti.

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