Oropesa, signora del canto legato

Opere francesi di autori italiani per una vera lezione di Belcanto

Lisette Oropesa (foto Jason Homa)
Lisette Oropesa (foto Jason Homa)
Disco
classica
Lisette Oropesa, soprano – Dresdner Philarmonia, Corrado Rovaris, direttore
Rossini & Donizetti – French Bel Canto Arias
Pentatone
2022

In corrispondenza del debutto di Lucia di Lammermoor alla Scala (quella Lucia notoriamente annullata all’inaugurazione 2020/21 per il Covid ed ora finalmente in scena), fa da buona compagnia il CD registrato dalla stessa protagonista Lisette Oropesa proprio nei giorni della pandemia. Sotto il titolo di French Bel Canto Arias vengono presentate ampie pagine dalle opere francesi di Rossini (Le Siège de Corinthe, Guillaume Tell, Le Comte Ory) e Donizetti (Les Martyrs, Lucie de Lammermoor, La Fille du régiment).

Sono brani che solo vent’anni fa avevano il sapore di vere rarità, conosciuti in parte nella loro traduzione italiana ottocentesca e qui restituiti nella veste linguistica originale. Si aggiunge poi la versione francese d’autore di Lucie de Lammermoor, beneficiata di una cavatina tutta nuova rispetto alla versione italiana: non più sconosciuta, oggigiorno, ma sempre interessante da riascoltare.

Anche sul piano esecutivo, a tutti gli effetti è questo un disco prezioso, perché ci fotografa l’ormai celeberrima artista all’apice della sua parabola vocale: il timbro – sempre caldo e rotondo pur rimanendo ognora lucente – esclude oggi dalla coloratura ogni screziatura di coquetteries (se mai ne soffrì in passato), pertinente al repertorio operettistico di fine ottocento ma non al belcantismo romantico. Nelle pagine dal Siège rossiniano, in particolare, la voce di Lisette Oropesa riesce a infondere a tutto tondo il senso del dramma pur senza essere quella che si indica comunemente come ‘voce drammatica’: il suo corpo vocale è infatti da un soprano lirico purissimo, capace però di piegarsi anche al canto d’agilità più sfrenato.

L’Air di Pamyra, com’è reso in questa esecuzione, suona così una delle pagine in assoluto più ardue di tutta la produzione rossiniana. È possibile che lo sia anche nei fatti: già nelle ultime opere italiane, la scrittura di Rossini si era infittita di roulades infinite e notine ornamentali insistite. Lisette Oropesa sembra inoltre caricare ogni suono di espressività, così che le mille e mille note non cadono mai nell’evanescenza ma restano tutte gravide di materialità, intensissime. A ciò s’aggiunge la tecnica di vocalizzazione ottocentesca da lei adottata, in controtendenza rispetto a quanto oggi di moda fra i cantanti rossiniani: l’agilità non è mai aspirata, le singole note non sono sgranate una ad una come le perle di un rosario, ma emesse con un’unica emissione legatissima, quella che il trattatista Alexis de Garaudé chiamava negli stessi anni (1826) con l’espressione son coulé: una colata di suono uniforme, nella quale spiccano le singole note senza separazione fra l’una e l’altra (per proseguire il paragone, non come i grani di un rosario spaziati fra loro, ma come le perle di una collana strettamente affiancate l’una all’altra, senza soluzione di continuità).

Ecco: basterebbe questa prima traccia da 12 minuti di perfezione assoluta per giustificare l’acquisto del CD, corroborato dall’effetto del medesimo legato esemplare applicato però al canto spianato della Romance di Mathilde dal Tell. In essa sentirete fra l’altro una resa finalmente attendibile di quel portamento in pianissimo al La bemolle acuto su mon cœur (su rayons nella seconda strofa), che resta sempre irrisolto – cioè privo di un senso musicale – nelle comuni esecuzioni.

Impeccabile il contorno, che va dalla sicura gestione dei sopracuti (un Mi bemolle solare al termine della Cavatine della Comtesse Adèle dall’Ory) alla dizione nitidissima (è noto che nella Louisiana da cui proviene l’artista americana il francese è quasi seconda lingua).

Giusta e discreta la direzione di Corrado Rovaris, con la Dresdner Philarmonie in amorevole servizio della voce. Puntualissime e godibilissime le esperte note di copertina stese da Francesco Izzo.

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