La musica fragile di Emanuele Filippi

Un disco che conferma il valore compositivo del giovane pianista, con la "benedizione" di Enrico Rava e Fred Hersch

Emanuele Filippi Musica Fragile
Emanuele Filippi (foto di Angelo Salvin, dalla pagina FB dell'artista)
Disco
jazz
Emanuele Filippi
Musica Fragile
Artesuono
2020

Siamo proprio d’accordo con le parole misurate di Enrico Rava, che nel commentare questo secondo lavoro discografico del ventenne pianista compositore friulano Emanuele Filippi ha dichiarato: «Un equilibrio raro, un grande rispetto per il suono e il piacere di suonare insieme solo le note necessarie. Una bellissima sorpresa per me che conoscevo le notevolissime doti pianistiche di Emanuele, ma ignoravo la sua capacità di comporre e di organizzare la musica».

Così come siamo concordi con le parole del pianista americano Fred Hersch, l’altro “padrino” di questa notevole registrazione (il disco d’altronde è stato immaginato a New York, nel corso di una decisiva permanenza artistica), che è riuscito in una breve formula a fotografarne il carattere, proprio come traspare fin dall’ascolto della prima sognante nota di “Parla lei e sogni tu”: «Un disco indubbiamente delicato, ma al contempo profondo e forte. Si rivela come una serie di bellissimi brevi racconti musicali, suonati magistralmente con precisione e passione».

E in effetti Filippi, pur sorprendendo per originalità e maturità artistica, di Hersch sembra conservare quella sorta di esile caratteristica leggerezza chopiniana (con magari meno ricorso, perché in fondo più poeticamente impressionista, all’uso di schematici, per quanto asimmetrici, gradi congiunti), mentre molta della musica mirabile qui da lui composta – la vera sorpresa di questa “incisione” (si ascolti, per esempio, la bellezza rara del tema di “Amarcord Days”) – sembra davvero essere stata ispirata, non solo nella dedicata “The Painter”, dalla “voce” e il lirismo visionario di un trombettista come Enrico Rava (magari ripreso nei suoi momenti più suggestivamente cinematici), qui come “sostituito” dall’intonazione impeccabile del più “educato” Cosimo Boni.

Un titolo, Musica Fragile, che nasce da una riflessione del compositore intorno agli stati emotivi che possono influenzare o determinare l’atto creativo: «Penso che la fragilità sia una condizione importante nella formazione della persona. Non è bene secondo me nasconderla o negarla. Riconoscerla aiuta a capire sé stessi e gli altri. In questo senso, la musica, attraverso la fragilità, mi ha permesso di entrare in mondi meravigliosi altrimenti preclusi».

Musica Fragile è un disco che vince in partenza, per così dire, essendo stato selezionato dal programma “Per chi crea”, promosso dal Mibact e dalla Siae. L’album è stato registrato e prodotto ad Udine negli studi Artesuono dell’esperto Stefano Amerio, anche con la produzione di un altro valoroso pianista, il navigato Glauco Venier.

Ad assecondare e poi interpretare sapientemente le attualissime innovative idee musicali di Emanuele Filippi, in equilibrio tra un aggiornato, ampiamente assimilato, jazz moderno (a tratti diafano, a tratti invece più idiomatico e viscerale, come in “A New A”) e una certa sofisticata eleganza dalla più spiccata provenienza accademica, un quintetto decisamente affiatato e oltremodo talentuoso, con, oltre al già citato Cosimo Boni alla tromba, gli amici Nicola Caminiti al sax alto e al flauto, spesso e volentieri decisivo nel cambiare toni, passo ed atmosfere; Marco Bolfelli alla chitarra elettrica, abile (quando non impegnato a perseguire linee più complesse dal punto di vista armonico e cromatico, mai comunque a discapito di una fondamentale essenzialità melodica) a sfiorare appena le corde, sì da liberare calibratissimi coinvolgenti armonici; e il partecipe Roberto Giaquinto a una mobile fantasmatica batteria, a tratti più energica e propulsiva (“Per amarti veramente”), in altri frangenti più aerea o punteggiata (“Chiaroscuro”). Eccellente.

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